“Piccole cose da nulla” di Claire Keegan

“Piccole cose da nulla” di Claire Keegan

Vicino ma con le dovute distanze da mantenere per la postazione in orbita nelle classifiche letterarie fin dal 1843, la fiaba natalizia della scrittrice irlandese Claire Keegan insidia il classico “Canto di Natale” di Charles Dickens, ai primi posti delle letture consigliate in piena atmosfera natalizia.

La perla dal titolo “Piccole cose da nulla” sembra chiedere a bassa voce e con una capacità di sintesi (succede ai libri con meno di cento pagine), un’ora di devozione che assicuri la giusta ricompensa: sentirsi parte di un canto del cuore in preghiera.

Un bel duetto, quello tra un contenuto profondo e il lettore rapito dalla fiaba per adulti miopi innanzi allo spirito malato, una breve sosta per la compassione di rito, poi subito mani in tasca sperando che la sofferenza vegeti lontano dall’uscio.

Natale 1985.

Lui si chiama Bill Furlong, figlio di una ragazza madre è stato cresciuto nella signorile dimora della signora Wilson, un’anima generosa che ha mantenuto la promessa di prendersi cura di un battito in balìa della prima tempesta. Bill sarà educato, istruito, amato, poco conta il pettegolezzo sulla sua vera identità. L’ uomo buono che Bill diventa, non dà alcun pretesto di farsi sporcare il nome con le insanabili ferite causate dalle parole.
La cittadina irlandese cresce quel figlio ritrovato, lo vede prendere moglie, mettere al mondo cinque figlie. Bill Furlong commerciante di legna da ardere e carbone gode di un’ottima stima da tutti i dipendenti della ditta. Padre e marito esemplare, la domenica non manca ai doveri della fede, è puntuale nelle consegne lavorative, vive nel perimetro della sua storia costellata del dovere morale di aiutare il prossimo-vicino di vita. Quando si va alla ricerca della prodezza, in pochi riescono a rintracciare nell’uomo qualunque il coraggio del guerriero. Quasi mai l’armatura si espone al primo sguardo, la disciplina del pensiero ne modifica l’espressione.

Di Bill Furlong incanta il bene danzante che lo accompagna durante i suoi giri di consegne affrettati per rendere ancora più calda la stagione con l’abito bianco. Le mani impegnate danno udienza alla mente, libera di esercitare a ritmo serrato l’incrocio dei pensieri.

Al primo respiro affannoso sale in gola la malinconia dei numerosi ieri dei quali ancora rimane traccia. Cancellarli sarebbe come dare un addio all’io, che comunque si è fermato al nostro fianco spargendo benevolenza.

“Era possibile tirare avanti per anni, per decenni, una vita intera senza avere per una volta il coraggio di andare contro le cose com’erano e continuare a dirsi cristiani, a guardarsi allo specchio?”

Quando la mano operosa del buon Furlong bussa alla porta di un istituto religioso, lo sguardo stupito scopre un magma di segreti tanto bollenti al punto che viene considerata opzione l’indugio alla fuga. Troppo comodo
stendere la coperta davanti a un bel camino, cosa importa se qualcuno resta sepolto per uno schiaffo della vita?

Noi, gli altri.

Bill Furlong bussa alla porta di una realtà sconosciuta. Presto si accorge che l’istituzione non protegge, violenta. Non cura, ferisce.

Dentro la struttura di matrice religiosa, le ragazze vivono succubi di violenze perpetrate sulle loro carni, il grembo benedetto di vita innocente data in adozione senza consenso.

La morte dell’anima stringe al petto l’amore rubato. Giovani donne, vittime del dolore più grande che nessun cuore di madre può sopportare. Il ventre diventa culla di morte. Bill Furlong indaga, spia, bussa a tutte le porte pur di arrivare alla Verità. L’ infamia irlandese negherà per anni i diritti fondamentali a trentamila donne segregate negli istituti femminili ( le Magdalene Laundries) per ragazze “perdute”.
Può considerarsi adulto un uomo al riparo nel suo nido allestito per fronteggiare l’inverno, mentre il disagio estraneo lo fissa dalle crepe del cuore?

Là fuori il freddo chiede risposte al sordo ben coperto dal fuoco. La sofferenza trova il bene dal “fare” nonostante il suggerimento delle spalle omertose. Mezzo giro all’indietro per fissare la miseria, poi la corsa sotto il tetto indifferente.

Sulla scia di un ritornello ordinario, si chiamano “piccole cose da nulla” le indigenze portate in salvo da un sì più caldo di un tiepido forse, dal disegno della coscienza in azione nasce il premio di merito per aver profuso onore alla dignità di un uomo. Non di rado accade di ascoltare la nostra seconda voce in preda a convulsioni esplose da un seme bonario. È lotta al comodo, troppo comodo cuscino dispensatore di quiete. Dall’altra parte, ogni altro fuori dal nostro sè, ruba dieci minuti di sonno alla sensibilità in letargo.

“Esistono anche le brave persone ricordò, Furlong a se stesso mentre tornava in città. Era solo questione di imparare a gestire tutto quanto e a raggiungere un equilibrio tra quello che dài e quello che ricevi, in modo da andare d’accordo con gli altri e non solo con sé stessi”

Tradotto in 30 lingue, candidato al prossimo Booker Prize (il premio letterario più importante del Regno Unito), l’opera della scrittrice Claire Keegan, penna maestra della narrativa breve, con questa lettura di una notte ci raggiunge il forte richiamo alla ferita della società irlandese nel secolo scorso. L’ umana memoria condanna il silenzio della Chiesa cattolica connivente con le condizioni delle donne dimenticate dalle promesse sacre. L’ ultima Magdalene Laundry è stata chiusa nel 1996. Nel 2020 il nuovo Governo Irlandese ha manifestato vivo interesse a fare luce sui fatti accaduti.

sara