Liberazione, il regime fascista nella società italiana: i casi principali in ogni settore dell’epoca

Liberazione, il regime fascista nella società italiana: i casi principali in ogni settore dell’epoca

ITALIA – Venticinque aprile 1945. La data in cui il nostro Paese ha conquistato la liberazione dal Nazifascismo, ossia, governo della dittatura fascista ad opera di Benito Mussolini e dell’occupazione del governo Nazista tedesco con Adolf Hitler, che collaborò con il “Duce” per il controllo dei territori europei durante la II Guerra Mondiale.

Il Fascismo nella società

Quello del Fascismo in particolare, fu un fenomeno molto singolare per la società italiana. Essendo una vera e propria dittatura, limitò – e non poco – i diritti dei cittadini del Bel Paese attraverso leggi, impedimenti e altri divieti quasi inimmaginabili, oltre a diversi fallimenti economico-sociali e la morte di milioni di giovani mandati al fronte a combattere.

Economia

A livello economico-sociale, si ricorda un periodo di grave instabilità economica, nonostante la ripresa dalla Prima Guerra mondiale. Nel 1926 ci fu una forte rivalutazione della lira come moneta unica che causò una grave deflazione e crisi economica.

Un’altra mazzata per gli italiani, nel 1927, fu la decisione del governo fascista di mitigare l’impatto negativo sulle imprese esportatrici tagliando i salari e fissando per legge i prezzi dei prodotti. Due anni dopo, in più, l’Italia fu coinvolta nella crisi finanziaria di Wall Street con fortissimi impatti negativi sulle imprese e l’occupazione che si protrassero per anni.

Le mancate “grandi battaglie”

Partendo da quella del grano, con lo scopo di aumentare la produzione interna (in Italia) ed evitare le esportazioni, pur raggiungendo i suoi obiettivi, tale battaglia si concluse però con l’abbandono di coltivazioni più produttive ed utili.

La “battaglia delle bonifiche” con l’obiettivo, appunto, di bonifica dei campi fu esaltata dalla propaganda, ma successivamente interrotta per mancanza di fondi.

L’ultima fu la “battaglia demografica“,  con la “tassa sul celibato” per tentare di accrescere la popolazione italiana secondo il concetto di una tradizione agricola, secondo la quale più figli significano più lavoratori disponibili e, soprattutto, più soldati. Oltre a salari maggiori per le “donne prolifiche”.

La censura nella stampa

Molte redazioni vennero chiuse per mancato rispetto della censura (in mezzo vi fu anche il delitto Matteotti nel 1924)  imposta dal governo Mussolini, che consisteva in una sempre più limitata libertà d’opinione fino alla totale assenza durante il periodo.

I principali organi d’informazione dell’epoca non potevano raccontare notizie di cronaca nera. Un’importante presa di posizione anche nell’industria del cinema, con un fermo in seguito ad una disposizione del Ministero dell’Interno del 22 ottobre 1930: completo rifiuto di film parlati non in lingua italiana con la censura di oltre 300 pellicole non italiane.

La politica

Gravissime le pene per chi si dichiarava “antifascista”: la mobilitazione dell‘Ovra (polizia segreta dell’Italia fascista) che giudicava gli imputati per reati contro il regime tramite un tribunale speciale con la reintroduzione della pena di morte per diversi reati sempre di carattere politico.

Fenomeno più significativo, però, resta quello dello scioglimento di tutti i partiti a eccezione, naturalmente, per il Partito Nazionale fascista a cui era a capo il Duce.

La figura della donna

In ambito politico, la donna non aveva diritto di voto. Altra batosta per il mondo femminile durante il regime fu nell’ambito dell‘insegnamento e del lavoro dove, soprattutto per l’ultimo caso, il personale femminile era pesantemente ridotto fino a scomparire.

Il Fascismo, nel concreto, aveva una visione della donna come di madre e moglie “contenitrice di figli“, possibilmente maschi; fisico prestante da poter produrre figli sani e di gran numero. Donne anche rivalutate per far di loro testimonial pubblicitari e modelle.

Immagine di repertorio