Le anime morte di Nikolaj Gogol

Le anime morte di Nikolaj Gogol

Proprio alla metà dell’Ottocento russo appartiene Le anime morte di Gogol, un assoluto capolavoro della letteratura, che segnerà una pietra miliare tra la satira petroniana e le successive opere di Čechov e persino Il Maestro e Margherita di Bulgakov.

Pare che Gogol, durante il suo soggiorno in Italia tra il 1837 e il 1839, studiando l’italiano si sia innamorato della Divina Commedia e, benché avesse iniziato una redazione dell’opera già dall’inizio del suo grand tour per l’Europa, sogni un poema in prosa in tre libri. Per cui questo romanzo, uscito con il titolo originario di Le avventure di Čičikov, avrebbe dovuto essere una sorta di inferno dantesco in un contesto pienamente russo. Ed effettivamente questa sferzante satira dell’intera società zarista, dagli strati più infimi a quelli più elevati, rivela una sequela infinita di “dannati”, di personaggi corrotti, superficiali, dediti al gioco, all’alcol e alla violenza, pronti all’adulazione e a farsi adulare, ridicoli e proni verso l’emulazione della corte francese, forti coi deboli e deboli coi forti. Un apparato burocratico complesso in modo kafkiano, anziché suscitare angoscia produce apposta maglie larghe per permettere ai traffichini di svicolarci attraverso.

In questo quadro desolante (perché, ahinoi, lungi dall’essere esotico e inusuale ci ricorda ad ogni piè sospinto la nostra odierna umanità!), ma dissacrante, ironico e divertentissimo proprio come il Satyricon, si muove il protagonista, Čičikov, ovviamente più vicino all’uomo senza qualità, all’inetto di Italo Svevo che non al nostro Dante narratore smarrito nella selva, essendo proprio il “dannato” per eccellenza che sguazza in questo fango. Piccolo arrivista borghese è disposto a qualunque mezzuccio illecito pur di arricchirsi, coltivando il sogno – sembrerebbe di qualunque russo/uomo di tutti i tempi – di vivere nel lusso senza faticare. Di qui la geniale idea delle anime morte, gergo tecnico per i servi della gleba defunti, che non rivelo affinché la possiate assaporare fino in fondo!

Lo stile tocca vette di alta retorica – che cozzano squisitamente con la grettezza dei temi – e di altrettanto elevata irriverenza con uso di termini quotidiani (“dormì in maniera meravigliosa, come dormono soltanto i fortunati che non conoscono né emorroidi, né cimici, né troppo grandi capacità intellettuali”).

Supponiamo, per esempio, che esista una cancelleria, non qui, ma in un regno al di là dei mai, e in questa cancelleria esista un direttore. Prego di osservarlo quando siede in mezzo ai suoi sottoposti: semplicemente non osereste proferire verbo per il terrore! Fierezza e nobiltà, e che altro non esprime il suo viso? Non resta che da prendere il pennello e dipingerlo: Prometeo, un autentico Prometeo! Scruta come un’aquila, incede con passo maestoso, misurato. Ma appena quella stessa aquila è uscita dalla stanza e si avvicina all’ufficio del suo superiore, dovresti vederla come sgambetta a mo’ di pernice con le sue carte sotto il braccio! In società e a una festicciola, se sono tutti funzionari di basso grado, Prometeo resta Prometeo, ma basta che siano un poco superiori a lui, e Prometeo subisce una metamorfosi quale neppure Ovidio saprebbe inventare: una mosca, meno ancora di una mosca, si è ridotto a un granello di sabbia!

Buona lettura e buone riflessioni.

Cinzia Di Mauro, autrice catanese di Pangolino mon amour!, tragicomiche avventure del periodo Covid, All Around, di una fantascienza orwelliana Finisterrae Delos Digital, di una trilogia di fantascienza Genius (finalista Urania e Delos) Ledizioni, di un noir umoristico La storia vera di un killer nano (segnalato al Premio Calvino), di un thriller sull’alta finanza Paso doble, di I love Meteorite, romanzo grottesco su una famiglia e un mondo distopico.
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