“La locanda dei gatti e dei ricordi” di Yuta Takahashi

“La locanda dei gatti e dei ricordi” di Yuta Takahashi

Prima un viaggio in treno da Tōkyō, fino a una cittadina di mare nella penisola di Bōsō. Poi una passeggiata lungo la spiaggia, fino a un vialetto di conchiglie. È lì che si trova “Da Chibi”, una delle poche locande dove, secondo alcuni, viene ancora servito il kagezen: il vassoio d’ombra, il pasto tradizionale giapponese che si cucina per chi non c’è“.

Se fosse una favola sarebbe una lunga sequenza di immagini oniriche tradotte nella realtà desta dal sogno.

La locanda dei gatti e dei ricordi” di Yuta Takahashi segue la tradizione della narrativa giapponese che negli ultimi anni è stata molto apprezzata dal lettore europeo. Nell’epoca in cui perfino il pensiero sta per diventare virtuale il ricordo mantiene salde le radici nell’unico album che conta, trasferite poi nel salotto buono della mente.

Nanami è la proprietaria del Chibi, il ristorante aperto solo poche ore al mattino, dalle otto alle dieci, tante le pietanze servite ai tavoli assiepati di clienti che ogni giorno affollano il locale dei ricordi. Non solo sapori quindi, i deliziosi profumi servono da collante alle persone in congedo dalla vita. Alla locanda viene servito il kagezen: il vassoio d’ombra, un pasto tradizionale giapponese preparato per chi non c’è più.

La leggenda narra che dopo aver consumato la calda pietanza, l’amore orfano dell’amore verso una persona cara ritorna tra le braccia vuote ritrovando così il contatto perduto.

Da Chibi, dove era possibile incontrare i morti, anche se solo per poco. Si poteva restare in compagnia di una persona cara soltanto finché il pasto del ricordo non si fosse raffreddato. Quando il piatto smetteva di fumare, il defunto scompariva“.

Succede a Kotoko Niki, una ragazza con lo sguardo in ginocchio dopo la morte del fratello in un incidente stradale. Nel momento del pasto del ricordo si avvicina una voce… la riconosce… le è familiare, non può essere di qualcun altro. Crederlo un miracolo dona forza alle ali di un angelo sbocciato sull’asfalto. Lui non è più ospite terreno, lei no. Lui ha protetto il suo corpo sacrificando il suo, per la seconda volta venuta al mondo ma dal bene di un fratello.

Non solo ricordi, l’aura nobile di un animale sarà anch’essa coperta per l’invisibile dentro un piatto imbottito di fumi.
Possono i gatti riportati nel titolo non destare interesse verso quello che fino a questo momento è solo un acconto del libro?

Un gatto ti aspetterà alla porta“.

Cinque parole danno voce all’ultimo, sparuto seme di speranza che nemmeno il più tremendo dei dolori è riuscito a portar via. Qualcuno ti aspetta, non importa dove, non importa chi o cosa. Qualcuno ti sta aspettando.

Il gatto, che fino a un attimo prima dormiva sulla poltrona, si era accostato alle sue gambe.
“Miao”, miagolò cercando il suo viso con lo sguardo. Kotoko ebbe la sensazione che l’animale si stesse preoccupando per lei e, divertita dalla situazione, d’istinto sorrise, dimenticandosi delle lacrime. “Grazie”, disse al micio“.

Da Chibi la terapia del dolore che mai ha conosciuto camice bianco è scritta nel menu del giorno. La cucina orientale come ogni altra tipicità della terra del Sol Levante riflette una cultura dai tratti poetici che raramente cede alla pressione di contaminazioni vaganti oltre il confine. Come un’immensa ampolla con decori di fiori di ciliegio, il Giappone custodisce riti millenari non tutti presenti nella coscienza della parte opposta del pianeta.

Lo scrittore orientale narra le vicissitudini di una popolazione ancorata alle tradizioni più antiche che nel ventunesimo secolo convive in perfetto equilibrio con la società moderna proiettata nel prossimo e perfino lontano futuro.

Storie di vita con molteplici elementi in comune e un singolare accento sui coni d’ombra demolitori delle pareti dell’anima.

Un ottantenne molto malato e la moglie, un ragazzo alle prese con le sue prime infatuazioni, amori acerbi ancora troppo lontani dalla stagione perfetta. Dolori mal curati confidano nell’ultimo farmaco (virtuale) di remissione. Tutti i dolori si riconoscono nel desiderio di poter rivedere colui o colei di ritorno da una processione di “se” ragionati sulle ceneri dell’eclisse mortale. Come se non bastasse, il continuo ricorso alla memoria sveglia malattie stanche di convivere con immagini cristallizzate nello scrigno mentale.

Ore su ore scivolano piano nella notte assorta nel silenzio molesto. E la non vita scorre nel fiume dei ricordi sotto il segno di una luna vuota.

Se la pagina commuove, ha raggiunto il destinatario del messaggio ravvisato dalla penna dello scrittore. Nella lettura l’ignaro interlocutore con le righe mute scopre laghi dove ha sempre conosciuto paludi in cui ha rischiato più e più volte di annegare.

Surreale la copertina del romanzo ipercolorata che, subito dopo il primo giro di pagina, elenca diverse storie di lutti responsabili di voragini nei cuori superstiti. Da Chibi però, finché il pasto del ricordo sprigiona calore, la caraessenza si avvicina e siede per un ultimo sorso d’amore.