“La casa del tè” di Valerio Principessa

“La casa del tè” di Valerio Principessa

Promosso con la lode, il libro d’esordio di Valerio PrincipessaLa casa del tè” pubblicato il 28 maggio, edito da Feltrinelli, da tre mesi gode di una risposta positiva dei lettori e dai tecnici del circuito dell’editoria.

Successivo al crollo del muro portante di una casa, il conto alla rovescia del piccolo o grande uomo che si è sempre affidato alla solidità della forza umana e non, è appena iniziato. Si chiama Gabriel, orfano di una nonna. È lei la sua famiglia, o almeno tutto ciò che rimane di un castello di carta abbattuto da qualche spirito a lui nemico. Spento l’ultimo scampolo di affetto supplente, dopo la firma in un documento ufficiale, la legge ritorna a decidere per lui. Assolte le formalità burocratiche del nuovo affidamento, il nuovo asilo di Gabriel sarà una casa famiglia dove avrà tutto il tempo di elaborare insieme ad altri suoi coetanei il lutto esistenziale.

Casa Retrouvailles, Roma.

Il nuovo alloggio di Gabriel si presenta nell’istituto concepito per offrire assistenza morale e materiale a giovani fermi a un bivio, senza alcuna possibilità di scegliere il sentiero sicuro. Sarà la signora Michiko, un’anziana giapponese, ad occuparsi dei giovani ospiti de “la casa del tè“, così viene chiamato l’abbraccio niente affatto virtuale composto da una calda coperta di tegole e porte.

Nella cultura giapponese, il tè onora una tradizione millenaria ben distinta dal rito inglese che rinnova un “aperitivo” servito a metà pomeriggio e accompagnato da tramezzini, i tipici scones farciti da pettegolezzi sussurrati a bassa voce.

In Oriente, il tè è una cerimonia risalente al X secolo sulle tracce di un monaco buddista giunto in Giappone con i semi della pianta del Tè Matcha.



Davanti a una fumante tazza di tè, la signora Michiko diventa madre e padre del giovane privato dell’affetto più caro al mondo. Lei parla, lei ascolta, alle ferite invisibili dei ragazzi dispone in primo piano il metodo di cura più efficace, la dolcezza in grado di rimuovere i ricordi affezionati al lutto.

“Dietro il tè, dietro le storie di ceramica, c’era un continuo rimando alla semplicità, e come nel caso dello sgabello in legno grezzo, un tentativo di farmi capire l’importanza dell’irregolare.
Versando il tè nella tazza, versava anche pensieri, mi colmava le paure, cercava d’affogare il mio squilibrio”.

Tanti i nomi delle mani vuote di gioie allergiche all’età tribolata dall’assenza. Amina, Chiara, Greta, Leo, Damiano. Loro sono casa, loro sono famiglia, ma è ancora presto per rendersene conto, dovranno superare altezze in competizione con le proprie forze prima di scendere nella valle quieta, la cartolina dell’anima forse un pò ingiallita, ma che adesso ritorna nella casa dove si respira amore. Ci sono vite nate due volte a causa dell’equilibrio rubato da criminali di cuori innocenti. Le esistenze sommerse in costante fibrillazione spezzano l’àncora del porto sicuro.

“La vita, come una casa, per reggersi in piedi deve poggiare su qualche punto fermo. Te ne accorgi quando arriva il terremoto e non stai lì a chiederti se i punti fermi siano quelli dei tuoi sogni. Ti basta che siano lì. […] Il brutto è che dura sempre poco. La sensazione di non essere solo, intendo, non resiste al confronto col tempo. Amore e amicizia sono due parole vuote. O forse troppo piene, il che è la stessa cosa. Se ci sono mille modi per essere amico o per amare, basta sceglierne due diversi e il gioco è fatto. Il rapporto è finito. E sei di nuovo solo”.

In una famiglia costruita mattone su emozione, ogni sentimento si concentra nell’abbraccio prima diffidente, solo dopo, superata la prova dei se e dei forse elaborati dal dubbio, anima e corpo si fondono in un insieme ricamato a caratteri d’oro.

Quella che prima provocava il dolore di una scheggia impazzita al centro del petto, adesso la ferita dell’anima riacquista il posto che le spetta al centro del pensiero positivo. Le porte di una casa famiglia assumono l’impegno di estirpare il marcio della radice per restituire alla società fiori profumati di bene.

La storia di Gabriel e di tutti i suoi compagni di viaggio stanchi di ascoltare promesse ingannate, prende in prestito una tazza di tè per dare voce e luce al disagio sociale dei giovani cresciuti orfani degli affetti più cari. A libro chiuso, il lettore riconosce di aver incontrato giovani vite che non hanno mai smesso di sperare nell’arcobaleno interrotto da un temporale messaggero di ragioni sbagliate.

sara