ITALIA – L’Inno di Mameli, conosciuto anche come “Fratelli d’Italia”, è un canto risorgimentale che nel corso degli anni è diventato uno dei simboli della Repubblica italiana.
Nonostante l’inno nazionale goda di un’indiscutibile fama nel nostro Paese, non è comunque nota a tutti la sua storia.
La storia dell’Inno di Mameli
Il Canto degli Italiani è diventato inno nazionale il 12 ottobre 1946, a seguito dell’istituzione della Repubblica italiana.
Il testo dell’inno è stato scritto nell’autunno 1847 dal poeta e patriota genovese Goffredo Mameli che a quell’epoca era solo un giovane studente. Annoverato tra i maggiori esponenti del Risorgimento italiano, Mameli morì giovanissimo, a soli 21 anni, dopo essersi ferito combattendo per la sua patria.
Mameli aveva sempre rifiutato l’idea di adattare il suo testo a musiche già esistenti, probabilmente poiché desiderava qualcosa di più esclusivo per quello che sarebbe diventato un inno conosciuto a livello internazionale. Pertanto decise di rivolgersi al compositore Michele Novaro che accettò di musicarlo poco tempo dopo a Torino. È proprio a Novaro che è attribuito il celebre “sì” urlato alla fine dell’inno.
Gli italiani sentirono per la prima volta l’inno il 10 dicembre 1847 a Genova, in occasione di una commemorazione della rivolta del quartiere Portoria contro gli occupanti asburgici, all’epoca della guerra di successione austriaca.
Impressionante pensare che prima di diventare il simbolo di un intero Stato, l’Inno di Mameli sia stato condannato per il semplice fatto di essere stato scritto da un autore repubblicano: il canto fu proibito dalla polizia sabauda e successivamente anche da quella austriaca.
Nonostante la sua interpretazione fu considerata fino agli anni della Prima guerra Mondiale un vero e proprio reato politico, i repubblicani non si lasciarono intimorire dai divieti, infatti nel periodo risorgimentale fu continuamente eseguito come simbolo di ribellione, in particolar modo durante le tre guerre d’indipendenza.
Una volta conclusa la Seconda guerra mondiale, nei territori italiani era impossibile non dibattere su quale canto avrebbe cominciato a rappresentare lo Stato italiano. Fu proprio in quegli anni che l’Inno di Mameli ebbe la meglio sugli altri componimenti candidati.
Il dibattito non ebbe mai davvero fine, almeno fino al 4 dicembre 2017 quando, a distanza di quasi settant’anni dalla fondazione della Repubblica, il Canto degli Italiani è stato riconosciuto come inno nazionale anche in ambito legislativo.
Il significato del testo
Solitamente nelle manifestazioni ufficiali è esclusivamente la prima strofa a essere cantata, infatti non è strano pensare che la maggior parte degli italiani non sappia a memoria l’intero inno nazionale. Questo è il motivo per cui ci limiteremo ad analizzare solo la prima parte del testo:
“Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa”.
Partendo proprio dai primi versi, non passa certamente inosservata la menzione di “Scipio” che rappresenta un evidente riferimento a Scipione l’Africano, il generale romano che nel 202 a.C. sconfisse Annibale nella battaglia di Zama, decretando la fine della seconda guerra punica. Pronta alla guerra d’indipendenza contro l’Austria, l’Italia si cinge in senso figurato la testa dell’elmo di Scipione: si tratta indubbiamente di un’esplicita esaltazione del glorioso passato di Roma, ricordata nei secoli per le sue valorose vittorie.
“Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò”.
Quando si parla di chioma, si fa riferimento a una particolare tradizione portata avanti dai romani: nell’antica Roma si usava tagliare i capelli alle schiave, affinché si distinguessero dalle donne libere che invece godevano di lunghi capelli e folte chiome. La dea Vittoria dovrebbe quindi – secondo l’autore – porgere la sua chioma e lasciarsela tagliare in senso di sottomissione a Roma. L’obiettivo di Goffredo Mameli in questi versi è quello di rendere indiscutibile la superiorità degli italiani che, in caso di insurrezione contro gli austriaci, non potranno far altro che trionfare.
“Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò”.
Per coorte si intende un’unità da combattimento dell’esercito romano: si trattava della decima parte di una legione. In questo caso le parole di Mameli rappresentano a tutti gli effetti un’esortazione rivolta agli italiani che – pur di onorare la loro patria – devono essere disposti a tutto, anche a morire se necessario.
Fonte foto Freepik