Il 25 aprile, 80 anni dalla liberazione antifascista. Tra resistenza, ignoranza e lutto nazionale

Il 25 aprile, 80 anni dalla liberazione antifascista. Tra resistenza, ignoranza e lutto nazionale

Il 25 aprile: una data che ancora oggi divide l’opinione pubblica italiana, spesso composta da uomini e donne che tendono a sottovalutare le macerie, le barbarie e i martiri che si celano dietro quella che, ai più, appare come una semplice ricorrenza nazionale.

Quando l’ignoranza prende il sopravvento, c’è poco da fare. C’è chi ignora, con sconcertante superficialità, che il 25 aprile rappresenta il significato più profondo della nostra Nazione: un’Italia finalmente libera, non più soggiogata dalle maledette grinfie di un duce, di un uomo dalle ambizioni malefiche, un tiranno convinto di stringere l’intero Paese e i suoi cittadini nel palmo della sua mano.

Come ha ben definito Umberto Eco, questa data, oltre a segnare la fine del nazifascismo, rappresenta “la riconquista della dignità e della responsabilità civile“.

Dall’armistizio del ’43 al 25 aprile 1945

Era settembre 1943 quando fu annunciato l'”armistizio di Cassibile” tra l’Italia e le forze alleate. Quello fu un momento cruciale: il Paese si spaccò in due. Nel Nord si formò la “Repubblica Sociale Italiana“, uno stato fantoccio guidato da Mussolini e sostenuto dalle forze armate tedesche; al Sud, invece, rimaneva il governo del re Vittorio Emanuele III e del maresciallo Badoglio, sotto il controllo degli Alleati.

Da qui nacque la “Resistenza”, un movimento spontaneo e composito fatto di civili, militari, giovani e anziani, uniti dall’ideale comune della libertà. I “partigiani” combatterono con coraggio contro l’occupazione tedesca e il collaborazionismo fascista, pagando spesso con la vita.

Il 25 aprile 1945, il “Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia” proclamò l’insurrezione generale nei territori ancora occupati, portando rapidamente alla liberazione di città come Milano e Torino. In quel giorno Mussolini venne arrestato e, tre giorni dopo, fu giustiziato insieme alla compagna Claretta Petacci.

La morte di Papa Francesco e i 5 giorni di lutto. Opinione pubblica divisa in due

La scelta del Governo di stabilire cinque giornate di lutto nazionale in seguito alla scomparsa di Papa Francesco, con termine il 26 aprile, ha sollevato diverse critiche, soprattutto perché comprende anche il giorno della liberazione. Il titolare del dicastero per la Protezione Civile, Nello Musumeci, ha specificato che le commemorazioni del 25 aprile potranno svolgersi, ma in forma “contenuta, in rispetto della situazione”.

Tale dichiarazione ha suscitato contestazioni da parte delle opposizioni politiche e di alcuni rappresentanti della società civile. Il primo cittadino di Milano, Beppe Sala, ha domandato cosa si intenda esattamente per “moderazione”, ribadendo quanto sia essenziale onorare la memoria storica dell’Italia. In più, alcune amministrazioni locali hanno ridotto o sospeso gli eventi, arrivando in certi casi a vietare anche l’accompagnamento musicale, compresa la celebre “Bella ciao”.

Il dibattito ha trovato ampio spazio anche sulle piattaforme digitali, dove vari utenti e personaggi pubblici hanno espresso il proprio dissenso, accusando il governo di voler sminuire il significato del 25 aprile. Tra questi, la giornalista Selvaggia Lucarelli ha commentato con sarcasmo l’invito alla sobrietà, affermando che festeggerà comunque con fuochi d’artificio dal balcone.

Uno sguardo sui totalitarismi del XX secolo

Quando l’ignoranza regna sovrana, non stupiscono certe dichiarazioni – di politici e non – sul tema dell’antifascismo, fondamento imprescindibile su cui si basa l’intera “Costituzione italiana“. A domande dei giornalisti, non sono mancate risposte del tipo: “Se mi definisco antifascista, lei si deve definire anticomunista“.

Ma fascismo e comunismo sono davvero la stessa cosa? Hanno rappresentato entrambi una minaccia analoga nei contesti in cui si sono imposti come regimi totalitari? Lo storico Alessandro Barbero ha un’opinione piuttosto chiara in merito.

“Il fascismo è nato in Italia, è durato vent’anni, ha contagiato altri Paesi e ha assunto una forma ancora più spaventosa nella Germania nazista”, afferma Barbero. Secondo lui, si trattava di un’ideologia che esaltava apertamente la violenza, la sopraffazione, la gerarchia e l’autoritarismo. “Era esplicitamente razzista – aggiunge – e i crimini commessi dai regimi nazifascisti sono stati l’attuazione concreta di ciò che avevano annunciato nei loro programmi”.

E il comunismo?

Sul versante opposto, Barbero riconosce che il comunismo ha avuto derive totalitarie gravissime. “Purtroppo, dove i comunisti sono andati al potere, quasi tutti hanno creato regimi spaventosi, su questo non c’è dubbio“, ammette.

Tuttavia, sottolinea anche una differenza fondamentale: “Il comunismo è stato anche la fede di milioni di persone che non hanno mai detenuto il potere, che non hanno imposto dittature, ma che anzi sono state perseguitate, incarcerate o uccise in tanti Paesi per aver creduto in ideali di giustizia, democrazia e libertà”.

Una riflessione che invita a distinguere tra le degenerazioni storiche e le aspirazioni ideologiche.