“I fiori hanno sempre ragione” di Roberta Schira

Dal titolo “I fiori hanno sempre ragione” il lettore può nutrire perplessità sulla firma del romanzo. Allo scorrere delle prime pagine, il mistero si scioglie nella conferma che la narrativa nasce dalla mano di una donna profondamente intrisa del profumo dei sentimenti. L’anima si sa, ha un colore universale, daltonico a volte, spesso miope da non saper distinguere il timbro della voce guida.

Appartiene a Roberta Schira, la scrittrice nata professionalmente come giornalista e critica gastronomica, la firma del voluminoso compendio dei sentimenti edito da Garzanti.

Le parole nascoste nell’archivio segreto prima o poi cedono al richiamo dell’ascolto e così, libera dal giro di chiave, l’anima ne fa incetta con l’obiettivo di mostrare il loro immenso potere.

Dopo giorni di coma a causa di un brutto incidente, Eleonora riprende conoscenza ma ha perso per sempre il senso del gusto e dell’olfatto. Un dramma per chiunque essere umano, ancora di più per chi, come Eleonora, nel suo quotidiano ha anteposto i due sensi agli altri tre, quali complici imprescindibili del suo lavoro. Eleonora è uno chef di primo livello appassionato del suo lavoro nel ristorante in Darsena a Milano.

Con i postumi dell’incidente le sarà impossibile vivere di quello per cui ha studiato tutta la vita.

A pochi giorni dalla ripresa più fisica che psicologica, il destino le impone di misurarsi con un altro addio. Nonna Ernesta ha chiuso il suo ciclo vitale, da Eleonora considerato l’unico flusso di energia positiva ancorato ai suoi mille perché. E così, uno dopo l’altro, lo stalking delle perdite si impossessa della giovane donna. Le assenze divorano il ricamo di bellezza definito ricordo su ricordo, un album di tatuaggi dell’anima, se fossero incisi sulla pelle il battito del cuore non gioirebbe così tanto del sussulto.

Eleonora impara la lezione di Ernesta impartita in anni di complicità profumata dalla reciproca intesa. La generazione maestra non si è risparmiata di lasciare in eredità l’esempio agli allievi degli anni ancora fuori la porta.

Come incisioni su pietra, le parole delle ombre in penombra ritornano alla salda presenza della luce acerba.
Ernesta. Da lei la lezione, da lei la passione per le parole al tavolo pieno di odori e sapori portatori sani di immaginazione felice. Le sue ricette incantavano mente e palato, spesso capitava di ritrovarle davvero singolari, ma solo per esorcizzare la magia prodotta dall’accostamento degli ingredienti.

“Ogni persona può trasformare un piatto in una ricetta per l’anima. Basta procurarsi gli ingredienti giusti”.

Senza di lei gli odori non conosceranno sapori e viceversa. La disabilità di Eleonora raddoppia il dolore rubato al futuro in mille pezzi. Mancheranno gli ingredienti su cui poter contare, le mancherà la parola che corregge l’errore attraverso le labbra nate prima per profumare in eterno. Le labbra di Ernesta.

“Noi che siamo un po’ streghe e un po’ fate, un po’ sante e un po’ trasgressive, un po’ sagge e un po’ folli: solo accettando tutti questi pezzetti dentro di noi, troveremo quell’interezza, quell’accettarci intere. Il tuo Mondo Nuovo non dovrebbe interrogarsi sulla parità, ma valorizzare la diversità di genere. Soffermarsi sulle specificità, sui bisogni e sui diritti”.

L’eredità del cuore è già un’ottima base nella preparazione di una torta che nessuno vorrebbe mangiare in compagnia di una sedia vuota accanto. C’è bisogno di un contatto che sia cura d’abbraccio riversata in un meraviglioso insieme, dolce come una zolletta di zucchero sulla portata d’onore.
Eppure da qualche parte la ricetta perfetta aspetta solo due mani risorte dall’addio. Ci vorrà del tempo, che sia di buona qualità, il miracolo non ha orologi nè timore di arrivare in ritardo. Conosce i suoi tempi ancora prima di manifestarli al mondo. Da bambina a donna, Eleonora ritorna alla vita educata alla saggezza delle parole scremate.

In attesa della guarigione fisica, il pensiero impara a correre e, nell’affanno, si accorge quanto sia stata preziosa la pausa imposta. Spogliarsi dalla corazza di pasta frolla è stata dura quanto il complicato cammino che merita una celebrazione.

“Per curarti non cucinare, ma fai da mangiare, solo nel fare c’è guarigione”.

Le lettere dell’alfabeto accendono il motore delle parole composte affinchè l’esito della ricetta conceda il brevetto di nuovi sapori e odori riuniti in un solo piatto. Eleonora aveva solo bisogno di misurarsi con le fragilità che l’hanno sempre inseguita nel mare magnum dei limiti, privandola dello spazio negli anni diventato confine.