ITALIA – Una pagina di Storia dimenticata per anni dall’Italia. Oggi, 10 febbraio, è il Giorno del Ricordo dei massacri delle foibe e l’esodo dalmata-giuliano. Quest’anno, in particolare, si celebra il ventennale dalla sua istituzione.
Stabilita con la Legge n.92 del 30 marzo 2004, il Giorno del Ricordo mira a “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale“.
Foibe: campagne repressive contro gli oppositori
Le foibe rappresentano cavità naturali, talvolta di notevole profondità, caratteristiche della regione della Venezia Giulia. In queste voragini, i partigiani comunisti jugoslavi spesso gettarono i corpi delle loro vittime. Questo, dopo averle uccise brutalmente o, in alcuni casi, ancora in vita.
Per questa sinistra usanza si usa il termine foibe per designare i crimini compiuti allora. Anche se molti dei caduti, in grande maggioranza italiani, morirono in altro modo. Ad esempio, di stenti nei campi di concentramento in cui vennero reclusi.
A quando risalgono i massacri
Durante la Seconda Guerra Mondiale e l’armistizio dell’8 settembre 1943, il nord dell’Italia cadde sotto il controllo tedesco. Ciò diede inizio a violenze da parte dei partigiani jugoslavi in Istria e Dalmazia.
Gli attacchi si intensificarono dopo la guerra, con l’esercito jugoslavo di Tito occupando Trieste e l’Istria. Gli italiani furono costretti a lasciare le loro terre. Numerosi cittadini furono uccisi, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati.
La pulizia etnica continuò fino al 1947, quando la Jugoslavia riottenne alcune province grazie al trattato di Parigi. Trieste tornò sotto il controllo italiano nel 1954, ma l’Istria fu ceduta alla Jugoslavia.
Il Presidente Mattarella ricorda i massacri
“Un muro di silenzio e di oblio, un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità, si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica”. Così ha dichiarato Sergio Mattarella, durante la celebrazione del Giorno del Ricordo al Quirinale.
“La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato – sappiamo – intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse”, ha aggiunto il Presidente.
Foibe, internamenti e lotta per la libertà
“Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista”.
“Sono passati quasi ottant’anni dai terribili avvenimenti che investirono le zone del confine orientale e vent’anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo, deliberata dal Parlamento a larghissima maggioranza – ha continuato -. Giorno dedicato alla tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra”.