“Del nostro meglio” di Carmela Scotti

“Del nostro meglio” di Carmela Scotti

ITALIA – Il passato ritorna sempre nei luoghi che hanno creduto nella doppia nascita di un indelebile istante. Nei rapporti a più voci della famiglia, l’eco di dialoghi accesi resta tappeto di benvenuto alle prossime generazioni. Lì, nell’angolino riservato a una culla, l’amore cresce e con esso raddoppiano le pagine dell’album custode del ricordo.

Del nostro meglio“, il nuovo romanzo di Carmela Scotti edito da Garzanti, dà udienza all’amore imperfetto di una madre e una figlia, l’unico sentimento a doppio senso che nemmeno un piccolo sorso di secolo riuscirà mai a consumare ogni sua meraviglia.

ROMANZO DEL NOSTRO MEGLIO

Appena alzato il sipario sulla storia, il biglietto d’ingresso ha già prenotato il coinvolgimento emotivo come vicino di posto del lettore. Non è un caso che la narrativa sensibile di Carmela Scotti sia stata proposta dagli Amici della domenica al Premio Strega 2023, l’acquerello letterario di una voce in intimità con lo spirito puro merita il posto in prima fila sotto i riflettori di prestigio.

Claudia donna vive la maternità allo specchio di una Claudia bambina riflesso di una macchia indelebile della felicità. Le immagini arrugginite dal tempo sono ancora recluse nel labirinto mentale senza porta. Un padre e una madre sono famiglia se uniti da una coperta d’amore, Claudia bambina non ha mai stretto la mano al primo anello della catena che guida, cura, guarisce. I suoi giovani anni convivono con l’atmosfera rabbiosa dentro la prigione che gli altri, le famiglie “normali” chiamano casa. Claudia sale a bordo da soldato con la parte più visibile di sè, auricolari e piercing fanno da divisa di protezione nella trincea del dolore. Da adolescente ribelle, stanca di combattere il nemico più grande di lei, la ragazza si chiude a doppia mandata nel suo nido di rabbia lontano da tutto, allergico a tutti.

La disgrazia non poteva tardare, quando un uomo maltratta una donna, una moglie, una madre, ubriaco di arroganza violenta si scaglia contro il suo stesso malessere che in quel momento non è altri che una donna, la sua. Il padre di Claudia morirà lasciando in eredità un dubbio in libertà tra le pieghe di due vissuti sconfitti.
Negli anni, il tarlo acquisito riconosce la memoria come sua unica piazza in cui soggiornare “sine die”. Le vite claudicanti di Claudia e della madre Caterina sbattono contro due umanità nate dallo stesso grembo, ma prive di un valido strumento d’orientamento.

“Io e lei non saremmo mai più state soltanto una madre e una figlia – lo siamo mai state? –, ma il riassunto di una fine che non smetteva di ricominciare”.

Con un assetto familiare fuori posto è impossibile uscirne illesi, l’equilibrio psicologico perde pezzi ad ogni scossa di parole, malgrado ciò, apparentemente libera dagli incubi in grazia della maternità, Claudia ritorna spesso a sfogliare l’album della memoria sempre aperto sulla pagina nera.

“Dopo che mio padre fu sepolto, la nostra vita divenne un lungo silenzio che spaccava le orecchie, durato finché morte non ci separi. Solo quando anche mia madre è morta, il suo fantasma ha soffiato un vento giusto sui tetti del passato, sollevato lembi di verità sfiancate. Giusto da morta, mia madre mi ha concesso udienza, permettendomi, non dico di volerle bene, ma di provare a dimenticarla”.

Tutte le prove della disgrazia non danno tregua ai periodi di quiete lontano dal dramma, nemmeno le affettuose premure di Dora, la zia supplente di una madre caduta nel limbo della disperazione, riescono a colmare lacune remote.

In questa immagine ambigua gli opposti si tengono per mano come se fossero soluzioni scivolate nella dimenticanza. Menzogna e verità, amore e livore riversi nella fobia adottata dall’esistenza che resta. Da sempre il cuscino notturno è calamita di pace dissolta per colpa di una luna fotocopiatrice di luttuosi ieri, di ricordi a metà strada che tutte le mattine fanno colazione con una inguaribile nausea.

Caterina prima, Claudia dopo, viaggiano su binari puntuali ad una diversa tempistica per due : la prima, dipendente dalla droga instillata nel dolore, abbandona il contatto deleterio con la realtà. Il male penetra nella carne dilaniata da mani criminali su istigazione del verme maligno. Claudia, figlia spezzata e madre piena d’amore della piccola Nina, accumula indizi, ricicla indagini investigative sul parassita di due frutti dello stesso ramo.

Resiste all’idillio minacciato la condizione di madre avviata alla fuga oltre un contesto familiare sconvolto. Giusta la pretesa del cammino lento nelle età indomabili, perché un trauma ha bisogno di sedimentare sul fondo dell’anima le particelle utili a costruire anni di nuovo stupore.

sara