“Come un respiro” di Ferzan Özpetek

“Come un respiro” di Ferzan Özpetek

Un respiro da godere, un respiro da trattenere. Dal primo vagito, prova generale per registrare la conferma al mondo, al congedo già prenotato all’esordio del primo applauso. Cosa assomiglia a un respiro? L’onda che va e poi torna sempre, l’altalena delle foglie autunnali in balía di fratello vento? Un respiro è l’altare della vita, senza un respiro il pianeta Terra è un deserto al contrario. Anomalo, irreale.
Ferzan Özpetek è un regista e uno sceneggiatore, autore di una letteratura pubblicata sullo schermo. Dal 2013 Ferzan Özpetek è anche uno scrittore.

Il regista e lo scrittore, l’arte scandisce i cinque sensi, ciascuno rivendica il proprio diritto di uscire fuori dall’anonimato, attore protagonista di un film girato col vento contrario dei ricordi. La memoria segue le sue abitudini, confortata dal connubio pigiama e pantofole resta a casa, nel cuore della famiglia perfino se manca il cuore, perfino se manca la famiglia.

La famiglia è il respiro vivo e incurante di quel maledetto capriccio del cielo di spegnere le faville del mondo, solo freddo dopo l’addio sotto i cipressi. Proteggere è la sola cura per mai smettere di sentire il profumo di pelle che accomuna, uno dopo l’altro i cinque sensi si prestano a recinto per un abbraccio goloso dello stesso sangue.

È quello che succede a Elsa e Adele Conforti, due sorelle con un passato naufragato in tasca, unite da un segreto proibito all’estraneo indiscreto, ma il clandestino si arrende, eccolo, finalmente libero il tempo di un giorno. Da cinquant’anni un pacchetto di lettere avvolte in un nastro di seta giallo custodisce la storia di un giovane respiro. La memoria ingiallita non invidia il pallore del foglio analfabeta delle ferite confessate dall’inchiostro. Lettere scritte e spedite, vidimate da un francobollo turco, lettere che nessuno ha mai letto. Che Adele non ha mai letto.

Essere una straniera a Istanbul mi rende audace e sfacciata. Del resto, è così che tutti mi vedono, e io non voglio deludere nessuno. Sto cominciando una nuova esistenza. E posso essere chi voglio. Anzi, mi sto già trasformando in una donna del tutto diversa da quella che conoscevi. Perfino la mia ombra è cambiata: quando cammino per strada, la vedo con la coda dell’occhio affrettarsi dietro di me sul marciapiede,  ed è diversa da com’era prima, ma anche da come me la sarei aspettata“.

La pelle giovane e fresca di Elsa è un invito a godere della passione sfidando la fretta delle rughe. Spregiudicata e libera, le sua vita pullula di nomi maschili, Bayram, Kemal, Dario, tanti amanti e nella collezione c’è perfino un marito, Kemal, una parentesi vissuta in una gabbia dorata per poi tornare alle pensioni improvvisate in strutture fatiscenti.

Elsa cittadina del mondo, Elsa fuggiasca da se stessa divora città su città con la stessa foga delle mani dentro un pacchetto di patatine assalito sulla poltrona di un cinema. Treni, alberghi, corriere, sono queste le sue case vaganti per mete con l’ordine di far evaporare le ombre, uno slalom fino all’oasi turca di Istanbul. Qui, tra vicoli ciechi infestati da mercatini dediti al commercio di ogni cosa, si cammina in un immenso bazar interrotto dai popolosi quartieri abitati da francesi, greci, ciprioti. Il riassunto del mondo nella metropoli. Elsa turista a Palazzo Dolmabahçe, l’ultima residenza del sultano è un assembramento di rococò, barocco e neoclassico. Ori e cristalli pregiati, decine di sale, hamam, l’immancabile harem. Topkapi, reggia della Turchia prima che del Sultano.

La giovane Elsa, nomade del circuito frequentato da felicità bugiarde, vive il suo sole oscurato da una tragedia importata da un uomo, Vittorio. Una giacca e una cravatta per due sorelle, subito folla morbosa da estirpare alla radice, prima l’inganno poi l’arroganza, intanto dietro l’angolo della passione consumata a turno c’è un lenzuolo che sta aspettando di avvolgere la morte.

Il frutto marcio dell’albero avvelena la mela buona. Vittorio dalla personalità patologica, un’altalena umorale dolce e aggressiva nel lampo di un secondo, eppure irresistibile perché in quel secondo vive la maledizione. A volte l’amore è vittima di un arcobaleno daltonico, patologia e passione convivono sulla cartella clinica compilata di notte. La degenerazione è prevista già all’esordio dei primi brividi, non è raro che il movente di un thriller sia un uomo, suo il battesimo nelle acque impure, suo l’epilogo drammatico.

Camminando a zig zag sulla frana camuffata il giardino felice inciampa, è la fine della frescura, la corolla di ogni fiore s’inchina al comando del folle. Elsa e Adele Conforti legate da un segreto avvolto nel nastro di seta giallo, decidono di far esplodere la verità per inseguire il desiderio di risanare il rapporto. L’unica sarta in grado di rammendare l’anima lacerata è la distanza.

Non esiste bivio che permette l’incontro, all’alba il suo piano è fare a fette il destino, poi la sera svenderlo una porzione dopo l’altra alla direzione sbagliata. L’affascinante Vittorio si muove orgoglioso di incarnare il respiro delle due sorelle ma l’arroganza è sempre un precipizio annunciato, una mattina benedetta da un sole giusto, dall’altezza della sua boria, Vittorio scompare dal mondo. I modi eleganti del mostro fanno inorridire i posteri venuti a conoscenza della storia che, sebbene sia offerta all’ascolto mezzo secolo dopo, suscita sgomento per una ragnatela tessuta e demolita da spasmi infernali.

Una distrazione fatale, le disgrazie a volte sono urgenti, accorrono a medicare ferite senza sangue, il volo della libertà atterra sulla vita di Elsa e Adele Conforti. L’istinto di salvezza nasce con la prima cellula dell’uomo, impedire la disgrazia, perché? Due donne, due sorelle, due rivali, un silenzio complice per sottrarsi al Vittorio che non vuole perdere. Basta uno sguardo d’intesa per deliberare il consenso. La femminilità sfigurata ritorna a fiorire sulle ceneri sveglie dal giorno in cui il vulcano si è spento da solo, pioggia di lapilli a forma di croce portano via le vessazioni maligne.

Germogli di rose per ancora un’alba. Profumi da godere in ogni angolo del mondo, da Roma a Istanbul i chilometri aiutano il perdono a trovare la strada della nuova dimensione di Adele, dopo cinquant’anni e un giorno dal tetto celeste una nuova stella sorride a Elsa. Capita che la scossa di un terremoto estraneo alla terra svegli l’epicentro del respiro, individuarlo è semplice, basta seguire la scía del profumo che vale, goccia dopo goccia, condiviso da un per sempre insieme.