“Amuri” di Catena Fiorello

“Amuri” di Catena Fiorello

Amuri amuri, e chi m’hai fattu fari?
E m’hai fattu fari ‘ma ‘anni pazzia!
Lu Patri Nostru m’hai fattu scurdàri,
E la megghiu parti di l’Avi Maria.
Amuri, amuri…

Il 16 giugno la scrittrice Catena Fiorello ha pubblicato il suo ultimo romanzo con la casa editrice Giunti. Figlia della rovente Sicilia, pasionaria della sua terra concimata con la natura effervescente dei suoi germogli umani, ancora una volta Catena Fiorello onora la sua radice con un rigoglioso talento letterario.

Amuri, lingua internazionale non necessita di alcun interprete, Amuri, fresca brezza marina sulle labbra ospitali, il nuovo lavoro di una scrittrice siciliana doc, in meno di due mesi dalla pubblicazione ha scalato le più prestigiose classifiche editoriali. Amuri è un poderoso totem sotto al quale viene venerata la meraviglia del mondo. Trecento pagine per farti innamorare dell’isola di Arcudi, piccola perla emersa dalla penna fertile in mano a Catena Fiorello.

Trentacinque anni, sposata con Giulio, medico irreprensibile e stimato, Isabella sente di dover  riempire le grate di un’oasi con un ostaggio, lei. Dentro la sua casa ogni respiro è divenuto affannato, la fuga da quel perimetro oppressore le promette una possibilità, forse l’ultima, forse no, provarci lo deve a se stessa prima che sul cuscino arrivi il tramonto.

Tutte le coppie vanno al macello, e quelle che non ci arrivano è perché hanno deciso di sopportare il silenzio. Era così aspra quella sentenza. Un pugno nello stomaco. E se non fosse stata mia madre a pronunciarla più volte, avrei pensato a una frase estrapolata da qualche romanzo“.

L’isola di Arcudi l’accoglie con le sue meraviglie naturali disseminate in ogni angolo della bomboniera tracciata sulla cartina geografica. Per Isabella non è terra estranea, ma cartolina vivente della sua infanzia. Vicoli ameni, tipiche case in pietra e un porticciolo frequentato da pescatori posseduti dal sole si offrono al turista in cerca di quiete. Libera dai tacchi a spillo e da superflui accessori ingombranti, Isabella assorbe la voce discreta dell’isola.

Non era ancora adolescente quando, insieme alla sua famiglia, partì da quell’angolo di paradiso,  lasciando un segreto seppellito nei cassetti del tempo. Sono passati venticinque anni dal giorno in cui si è consumato il rogo affettivo. Franca, la madre di Isabella, culla a vuoto nel grembo del suo cuore un sentimento adolescente per Saro, un ragazzo povero di un agiato futuro, e quindi negato alla mano della bella ragazza. L’ America lo chiama, lui risponde imbarcando sogni e valigie di cartone sulla nave in partenza per la terra promessa.

Le parole non dette diventano alfabeti disorientati, di notte si vedono le sillabe vagare ai bordi delle labbra incastrate tra parentesi e pause, poi all’alba si abbandonano alla morsa del pianto. Chi pagherà per aver fatto deragliare il treno in corsa per una felicità d’Amuri? Ma i binari sono fatti per andare e per tornare, vai Amuri, vai con Saro in America ad aggiustargli la vita, Amuri ritorna con i suoi capelli spruzzati d’argento, nell’archivio mentale c’è ancora un solo nome: Franca.

I chilometri diventano centimetri inchinati alla sorgente di una passione. Il piano malvagio di una famiglia ha raso al suolo promesse di petali, ha rovesciato grossi chicchi di grandine su due primavere. L’inferno per sempre. Una vita, un solo Amuri. Due volte mai. Se succede, un rarissimo se, si tratta piuttosto di fotocopie perdenti dell’originale perfetto.

Amuri scorre nella fitta corrispondenza tra Saro e Franca prima dell’addio obbligato dalla famiglia, nessuna pietà per una separazione imposta con sottotitoli futili. Quanto tesoro è questo Amuri, una carezza di Dio a due giovani costretti a ridursi in brandelli di specchi, accecando il riflesso di un Amuri  in frantumi.

Amuri  in croce per mano dell’uomo, Amuri consumato dalla polvere sul tappeto di pelle,  grigia per sempre. Matrimoni sbandati, quello giunto all’altare tra Isabella e Giulio, quello mai celebrato di Saro e Franca, la vita che si diverte a graffiare con unghie avvelenate. L’Amuri vero brucia pure le suole e arde di passione il velo di seta bianco, impedendogli di attraversare la navata di una cattedrale.

La fuga ad Arcudi solleva il masso esistenziale di Isabella con i colori della natura in soccorso alle tribolazioni dell’uomo. Sublime Catena Fiorello nel descrivere le calde sfumature dell’isola, il mare azzurro di un Mediterraneo amico accompagna la linea severa dell’orizzonte. Il creato in simbiosi con il passo dell’uomo.

Vivere di nuovo, prova di resurrezione quando la prima vita non è ancora finita, regalo da non scartare perché già si conosce il contenuto sì ammaccato, ma con tante promesse ancora da mantenere. Vivere la seconda volta per correggere le sbavature del make up della prima vita, chiamatele chances, opportunità, purché arrivi in fretta una cipria di carezza in ritardo da sempre.

Si chiama Daniel l’àncora empatica in camicia,  pantaloni di lino e un futuro tutto da inventare, occhi fissi sul molo ad aspettare gli sfoghi emotivi di Isabella, un appuntamento dopo l’altro, in prima fila davanti allo spettacolo di un tramonto. Giulio e Daniel non si conoscono, eppure potrebbero definirsi l’alfa e l’omega di un alfabeto umano, l’indifferenza di Giulio alle tensioni della moglie è compensata dalle premurose attenzioni di Daniel. Due medaglie in gara con quattro facce diverse, tutte impegnate nella competizione che non prevede allenamento: Amuri vincit.

Isabella cerca il silenzio fuori da sè e l’isola di Arcudi l’accontenta offrendole atmosfere stupende, nuovi amici le versano addosso antichi profumi di casa, uno dopo l’altro venticinque anni riaffiorano da un fondale segreto. Foss’anche per la briciola di un giorno… “si torna sempre nei posti dove siamo stati felici, ma a volte è difficile farlo, Isabella lo sa…“.

Quale brivido lasciarsi sedurre dalla salsedine e permetterle di rilasciare uno strato di mare sulla pelle, territorio sfinito da ansie coattive sui pori innocenti. “Si poteva ammirare il panorama. Spaziava dalle isole di fronte fino a scorgere parte della terraferma: le meravigliose coste della Sicilia, e addirittura l’Etna. Immersa nel silenzio, sentii la mia anima vibrare. La natura intorno mi fece commuovere. Sulla superficie del mare blu intenso, ora leggermente increspata dal vento, scintillavano minuscoli bagliori di luce bianca, simili a diamanti marini. Rimasi ferma in estasi, trattenendo il respiro e poi buttando fuori l’aria con impeto per liberarmi delle mie ansie. Fu travolgente la mia voglia di piangere“.

Madre e figlia, donne in crisi per Amuri, perse nelle sabbie mobili del cuore, Isabella è la nuova Franca partorita da una generazione reattiva, sa bene che nuotare nel pantano incoraggia il delirio, casa dell’eccessiva obbedienza. Se l’incantesimo scricchiola, demolirlo è un dovere.

Donne portate in salvo da donne, prima dell’oasi anticipa il miraggio, è proprio nella speranza che l’ancora di salvezza semina le radici del cambiamento. Lo specchio rotto di Franca è stato riscattato da un’Isabella finalmente libera da un abbraccio di plastica. Meraviglioso il viso di una donna riflesso nel panorama del suo Amuri.