ITALIA – Sembra quasi un paradosso la volontà di porre fine alla propria vita, facendolo addirittura con ‘sollievo’ in un mondo in cui lo slogan – che ribadisce il valore dell’esistenza – resta sempre al primo posto.
Se a un certo punto non ce la fai più, nessuno riesce a darti aiuto, hai l’umano diritto di sentirti stanco. Alla fine di una lunga corsa hai comunque la possibilità di scegliere se porre fine alla tua sofferenza. Che tu abbia combattuto o meno la tua battaglia è lecito che ti senta esausto dopo una lunga ed estenuante attività.
Dove collochiamo la nostra coscienza?
La società ha il dovere di includere, dunque di mettere tutti sullo stesso piano. Se una persona vuole suicidarsi lo fa. Perché non dovrebbe essere consentito a una persona con disabilità di farlo?
Dove collochiamo la nostra coscienza? Nel cervello? La cosa che la contraddistingue dagli altri assunti è che si sottopone in primo luogo al giudizio di noi stessi. Chiunque, chi più e chi meno, è abile a trovare alibi convincenti a determinate violazioni commesse durante l’esistenza.
Primo caso di suicidio assistito in Italia
Dopo l’iniziale diniego da parte dell’Azienda sanitaria delle Marche e le peripezie giudiziarie per ottenere il suicidio medicalmente assistito, è arrivata la decisione del Comitato etico che ha autorizzato un uomo tetraplegico a porre fine alla sua esistenza.
Dopo 11 anni di immobilità a seguito di un incidente stradale, l’uomo in questione – un camionista di Pesaro diventato tetraplegico dopo il sinistro – aveva fatto richiesta da più di un anno affinché venissero verificate le sue condizioni di salute per poter accedere a un farmaco letale per porre fine alla propria vita.
I requisiti
Un’equipe di medici e psicologi ha poi verificato la sussistenza di tutti e quattro i requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte Costituzionale 242/2019.
La persona deve essere affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che siano intollerabili ma il soggetto deve essere pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
Il caso Dj Fabo e di Mario
Questa possibilità è stata aperta dalla Consulta con la sentenza sul caso di Dj Fabo (molto conosciuto in Italia a seguito dei numerosi servizi televisivi), che scelse di morire in una clinica svizzera, il 27 febbraio 2017.
“Mi sento più leggero, svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”, racconta Mario, il primo malato italiano che ha ottenuto lo sta bene al suicidio assistito nel nostro Paese.
“Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni e condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza e ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati“, ha aggiunto.
Il referendum sull’eutanasia
Il Tesoriere dell’Associazione Coscioni, Marco Cappato, ha voluto ribadire l’inerzia dei Tribunali e del Parlamento costringendo persone sofferenti a un ulteriore calvario giudiziario.
Cappato ha infine chiesto l’intervento del popolo italiano con un referendum che depenalizza parzialmente il reato di omicidio del consenziente.
L’Associazione Coscioni è stata sempre accanto al 43enne, per il quale ha raccolto e depositato 1 milione e 240mila firme per il referendum sull’eutanasia.
Suicidio assistito: possibilità o sconfitta etica?
L’uomo potrà ora scegliere quando morire e potrà farlo nella sua casa. Qualora dovesse cambiare idea, anche all’ultimo momento, sarà liberissimo di farlo. Sarà infatti lui stesso, attraverso l’uso del dito mignolo della mano destra, ad autosomministrarsi il farmaco letale, senza l’intervento di nessun medico.
Nell’agosto del 2020 era arrivato l’ok dalla Svizzera in cui il suicidio assistito è consentito. Il malato, però, ha deciso di aspettare e di seguire la procedura indicata dalla sentenza della Corte costituzionale, ossia la verifica dei 4 requisiti necessari per ricorrere alla ‘dolce’ morte.
Il suicidio assistito è una possibilità. Ma la Chiesa reputa ciò una sconfitta etica per tutti? La libertà è la cosa più importante e, se si arriva a un punto senza via d’uscita, la vita diventa solo del tempo inesorabile verso la morte.
Sondaggio
Adesso tocca a voi esprimervi in merito alla delicata questione, votando il seguente sondaggio.
È giusto poter scegliere il suicidio medicalmente assistito?
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- No (0%, 0 Votes)
Total Voters: 0
Foto di repertorio