Smart working, dall’1 settembre si torna al regime pre-Covid: ecco cosa cambierà

Smart working, dall’1 settembre si torna al regime pre-Covid: ecco cosa cambierà

ITALIA – Il Ministero del Lavoro ha definito le nuove norme sullo smart working contenute nel decreto Semplificazioni. Saranno applicabili anche agli accordi “stipulati o modificati” dal primo settembre.

A partire da questa data, infatti, modalità di lavoro agile, infatti, esce dalla fase emergenziale e torna al regime normale, ma con una importante semplificazione, che si applicherà anche agli accordi già stipulati.

Si torna alla regola pre-Covid secondo la quale occorre l’accordo scritto tra lavoratore e datore di lavoro ma quest’ultimo non dovrà comunicarlo al Ministero.

Al ministero del Lavoro andranno comunicati in via telematica solo i nomi dei lavoratori e le date di inizio e di conclusione degli accordi di smart working, non il testo integrale dei contratti. Si dovrà utilizzare il modello predisposto e il servizio online, accessibile tramite autenticazione Spid e Cie.

Il decreto 149/2022 del ministero, oltre a garantire la modalità semplificata ai vecchi accordi, prevede che il datore di lavoro debba comunque conservare per cinque anni il testo dell’accordo individuale sottoscritto con il lavoratore.

Per le aziende private le linee guida sono più chiare: i datori di lavoro dovranno stipulare accordi individuali con i dipendenti e mostrarli in una versione semplificata agli uffici competenti del ministero del Lavoro, saranno le due parti a decidere quali sono le modalità.

I dati delle comunicazioni, inoltre, saranno messi a disposizione dell’Inail (ai fini della tutela, a favore dei lavoratori agili, dell’assicurazione sugli infortuni sul lavoro disciplinata sempre all’art. 23).

In caso di mancata comunicazione si applica la sanzione dell’art. 19 del dlgs 276/2003: da 100 a 500 euro per lavoratore.

Il contratto individuale rimane la norma anche per la Pubblica Amministrazione, anche perché non è mai stata approvata la legge di riforma della l.81/2017 messa a punto dal Senato, che dava maggiore spazio agli accordi collettivi, sottoscritti con il sindacato interno.

Si concorda, però, sulla necessità di “incentivare l’utilizzo corretto del lavoro agile anche tramite un incentivo pubblico destinato alle aziende che regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello“.

Negli ultimi mesi sono moltissimi gli accordi collettivi aziendali depositati al Cnel: non sostituiscono quello individuale, ma lo semplificano, il lavoratore può semplicemente aderire a una delle modalità individuate anziché definirle per filo e per segno nel proprio contratto.

Nella Pubblica Amministrazione la questione sembra essere un po’ incerta. Da una parte sono state fornite le indicazioni necessarie per i contratti collettivi, i quali sono stati rinnovati, e dall’altra sono stati presentati i Piao, Piani integrati di attività e organizzazione, documento unico di programmazione e governance che dal 30 giugno 2022 assorbe anche l’organizzazione dello smart working.

Si stabilisce, tra l’altro, che il lavoro in presenza ridiventi prevalente, e dunque qualunque tipo di organizzazione si scelga, lo smart working nella pianificazione periodica delle amministrazioni pubbliche non può superare il 49% del tempo di lavoro.

Rimane da sciogliere il “nodo” buoni pasto e la loro erogazione. La questione sembrava essere stata chiarita dopo che, durante la pandemia, ogni amministrazione si era regolata in autonomia, alcune lo avevano erogato anche ai lavoratori da remoto e altre no.

Le linee guida, ribadite anche dai contratti rinnovati negli ultimi mesi, a cominciare da quello delle funzioni centrali, stabiliscono che ci siano due modalità di lavoro agile: quello senza vincolo di orario e di luogo e il lavoro da remoto con vincolo di orario e di luogo.

Nel primo caso non è previsto il pagamento dei compensi accessori legati all’orario di lavoro, compreso il buono pasto. Nel secondo caso invece, dal momento che la prestazione lavorativa è legata a un orario di lavoro, è possibile pagare i buoni pasto.

Il problema, secondo quanto spiegato dal presidente dell’Aran (l’agenzia che stipula i contratti della Pubblica Amministrazione) Antonio  Naddeo, è che “i sindacati ci chiedono il lavoro agile, ma vogliono il pagamento del buono pasto. Quindi, rispondiamo noi, si può fare il lavoro da remoto? No. Nel lavoro da remoto è previsto un controllo della postazione lavorativa almeno ogni sei mesi per motivi di sicurezza e per le amministrazioni è un costo che non possono sostenere“.

La questione non è ancora stata risolta in via definitiva, andrà affrontata ufficio per ufficio una volta che verranno attuati i Piao.