ITALIA – Lo sfruttamento minorile è da sempre qualcosa che c’è stato, c’è e ci sarà sempre, ma noi tutti dobbiamo fare in modo di cancellare. Per questo, oggi 12 giugno è la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, proprio per contrastare questo odioso fenomeno che si propaga da secoli.
Cos’è lo sfruttamento minorile
Per sfruttamento minorile si intende qualsiasi attività lavorativa svolta in età precoce e causa ai bambini delle forti pressioni sia fisiche ma soprattutto psicologiche, impedendogli persino di continuare gli studi e quindi di costruirsi un futuro.
I bambini sono spesso inseriti nel mondo del lavoro perché sono più facili da convincere dato che per un minimo salariale la famiglia potrebbe decidere di mandarli a lavorare, nella maggior parte dei casi per carenze economiche.
Se da una parte ai bambini vengono imposti dei lavori faticosi e duri per una miseria, dall’altra ci sono le bambine che in alcune parti del mondo sono costrette ad essere soggette a quella che viene definita come “prostituzione minorile“. Le bambine spesso vengono consegnate dalle famiglie stesse perché non si arriva a fine mese e quindi la prostituzione giova all’economia familiare.
I dati in Italia
Secondo alcuni studi, in Italia lo sfruttamento minorile è tre volte più diffuso rispetto al resto d’Europa, visto che nel Bel Paese il numero di piccoli lavoratori compresi tra i 7 e i 15 anni ammonterebbe a circa 260.000, circa il 5% della fascia in questione. Mentre nel resto dei paesi appartenenti all’Unione Europea contano circa l’1,5% della fascia.
Il fenomeno dispersione
Al fenomeno dello sfruttamento, al giorno d’oggi soprattutto, si collega un altro importante fattore che non va sottovalutato, quello della “dispersione scolastica“.
La dispersione scolastica non è altro che l’abbandono della scuola da parte di giovani ragazzi che a causa di continue bocciature e ripetenze decidono di mollare la scuola per andare a lavorare.
Ad oggi, come ci è consentito notare, senza un diploma non è facile trovare un impiego degno di essere chiamato tale, e proprio per questo si viene sfruttati a causa della propria “ignoranza“.
I casi in Sicilia
Secondo alcuni studi effettuati nel 2019, il 22,4% dei giovani siciliani ha lasciato la scuola senza aver preso alcun tipo di qualifica, ciò significa che più di 1/5 ragazzi non ha completato gli studi. Questi numeri sono esorbitanti e vanno addirittura quasi 10 punti sopra alla media italiana.
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