ITALIA – Il fantomatico giorno, 12 novembre 2025, che avrebbe dovuto limitare l’accesso ai siti per adulti in Italia ha finalmente fatto capolinea sui calendari della penisola, seppur senza aver mantenuto le promesse date. Occhi attenti, infatti, avranno notato l’assenza del blocco per la maggior parte delle piattaforme a luci rosse, poi confermata da un rinvio della data di scadenza: 1 febbraio 2026.
Siti per adulti: i motivi dietro il ritardo nella regolamentazione
La ragione dietro questo risvolto “inaspettato” è individuabile all’interno dello stesso decreto Caivano, che mirava per l’appunto a una regolamentazione iniziale di quei soli siti attivi dall’interno del nostro paese. Tale specificazione ha così garantito alle piattaforme con domini esteri, la maggior parte di fatto, un periodo di tempo maggiore per potersi adeguare.
Ad oggi sono quindi in pochissimi i siti, di quelli designati dall’AGCOM a seguire la nuova norma, ad aver implementato qualche contromisura, seppur ancora minima. Tra questi si passa da “Superporn“, che chiede solo l’anno di nascita, a “Olecams“, che ha già impiegato una forma di age gate tramite il servizio Emblem.
Un approccio diverso, invece, è stato deciso dallo staff di “Bang“, il quale ha scelto di bloccare totalmente, seppur solo temporaneamente, l’accesso dall’Italia. All’interno di una nota ufficiale si può infatti leggere:
“Invece di rischiare la non conformità o compromettere la tua privacy e sicurezza, abbiamo preso la difficile decisione di limitare temporaneamente l’accesso dall’Italia fino a quando non saremo in grado di implementare una soluzione pienamente conforme“.
Un dettaglio nel decreto AGCOM
A supportare il rinvio della deadline a febbraio 2026, però, anche un particolare della delibera Agcom (Numero 96/25/Cons) pubblicata lo scorso 12 maggio. Secondo quanto emerso, infatti, il periodo di sei mesi per adattarsi alla nuova normativa valeva unicamente per le piattaforme con sede operativa in Italia, come annunciato precedentemente.
Una seconda parte dello stesso articolo, relativa a quei portali web citati nell’elenco dell’Agcom e locati fuori dall’Italia, recita poi:
“Le disposizioni del presente provvedimento si applicano anche con riferimento ai gestori di siti web e alle piattaforme di condivisione di video che diffondono in Italia immagini e video a carattere pornografico e a prescindere dallo Stato membro di stabilimento, tre mesi dopo la pubblicazione della lista di cui all’articolo 1 del presente provvedimento”.
Per tale motivo, quindi, la regolamentazione effettiva di tutti gli indirizzi web presi in causa avverrà entro il primo febbraio 2026, per l’appunto tre mesi dopo la recente pubblicazione dell’elenco.
La verifica d’età, chi c’è dietro e come funziona
Come verranno applicate però le tanto citate restrizioni? Lo strumento messo in campo, citato precedentemente, è la verifica d’età, o age verification, tramite sistemi di verifica “giuridicamente e tecnicamente indipendente”. Questa specificazione indica quindi la totale autonomia delle aziende di verifica dai gestori dei siti pornografici.
Sarà, inoltre, compito delle stesse autorità di sicurezza quello di assicurarsi che le aziende pornografiche non possano in alcun modo avere accesso ai dati presentati dagli utenti per verificare la propria età. Si tratta di normative previste dalla stessa Agcom, e quindi imprescindibili, all’interno della delibera sull’argomento:
“Il ricorso a un soggetto terzo indipendente fidato (o certificato) evita la trasmissione diretta di dati identificativi dell’utente al sito o alla piattaforma che offre contenuti pornografici. Affidare queste funzioni a soggetti diversi rende possibile una massima tutela dei dati personali grazie ad un processo che garantisca la compartimentazione degli attori ossia tra utente, fornitore del contenuto e soggetto che certifica la maggiore età”.
Al momento poi, seppur non indispensabilmente, si può ricorrere ad applicazioni, disponibili sia sul Play Store che sull’Apple Store, apposite per la verifica dell’età. Uno strumento tuttavia solo provvisorio, in attesa di un sistema certificato e “bollinato” dal Garante della Privacy previsto già per fine anno.
Tale piattaforma, progettata da Agcom, PagoPA, il dipartimento per la Trasformazione digitale e la Zecca dello Stato, sarà così caricata anche all’interno dell’IT-Wallet, il portafoglio digitale integrato nell’App IO



