ITALIA – Ogni anno, il 25 novembre, si accendono luci, si dipingono panchine, si moltiplicano post e slogan. Ma un giorno all’anno non basta a contenere l’enormità di una realtà che le donne vivono tutti i giorni, in ogni luogo, in ogni età. Quest’anno, più che mai, la narrazione pubblica si scontra con una frase che ritorna ciclicamente, come un riflesso automatico: “Non sono tutti gli uomini”.
Una frase apparentemente ragionevole, che però finisce per oscurare l’unico dato che conta davvero. Quasi tutte le donne hanno subito molestie, paure, attenzioni non richieste o vere e proprie aggressioni.
Le medesime storie
Le storie si assomigliano ovunque: nelle discoteche affollate, dove mani sconosciute si sentono autorizzate a toccare; nei corridoi delle scuole, dove commenti e spintoni vengono spacciati per “scherzi”; per strada, dove uno sguardo troppo insistito diventa un segnale d’allarme.
La difesa automatica: “non tutti”
Dire “non tutti gli uomini” è come dire “non tutte le sigarette uccidono“, ma tutte fanno male.
Non è un’accusa indiscriminata: è la presa d’atto che la violenza di genere non è un incidente, è un fenomeno strutturale, culturale, quotidiano.
E soprattutto è un invito a spostare lo sguardo: il punto non è quanti uomini non farebbero mai del male, il punto è quante donne sono state costrette a difendersi dal male di qualcuno.
Il trend “Uomo o orso”: quando un meme diventa una confessione collettiva
Negli scorsi anni, sui social, un trend diventato virale ha cristallizzato questa realtà con una semplicità inquietante. La domanda era:
“Se dovessi scegliere di essere chiusa da sola nel bosco per un’ora con un uomo sconosciuto o con un orso, cosa sceglieresti?”
La stragrande maggioranza delle donne ha scelto l’orso.
Dietro una risposta apparentemente assurda si nascondeva una verità cruda: dell’orso ci si può fidare più che dell’imprevedibilità di un uomo sconosciuto.
Il trend si è trasformato rapidamente in uno spazio di confessione: sotto i video, migliaia di commenti raccontavano molestie, aggressioni, manipolazioni, persecuzioni, spesso vissute in silenzio e normalizzate per anni.
Una giornata che non può essere simbolica
La Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne non serve a dare colpe generiche a metà della popolazione, ma a rompere il tabù su qualcosa che l’altra metà vive sulla pelle.
Il vero cambio culturale arriverà quando la frase “non tutti gli uomini” verrà sostituita da un’altra, molto più necessaria: “Cosa posso fare io, come uomo, come cittadino, come istituzione, per cambiare questa realtà?”
Perché la violenza non si combatte solo condannando gli episodi peggiori, ma riconoscendo e smontando ogni giorno quei comportamenti, quelle battute, quella cultura che permette agli episodi peggiori di esistere.
Finché tutte le donne avranno paura, nessuno potrà dire di esserne davvero fuori
La conversazione deve ribaltarsi. Non chiediamoci più se “sono tutti gli uomini“. Chiediamoci perché quasi tutte le donne possano raccontare almeno un episodio di paura, umiliazione, minaccia o violenza.



