Cronaca

La “gabbia” delle relazioni tossiche, quando vivere un amore “malato” fa male

Una relazione ha un inizio – spesso idilliaco -, una prosecuzione del rapporto – in cui si evolve il sentimento in maniera più matura -, e un epilogo – nel più felice dei casi il matrimonio, la convivenza, l’arrivo dei figli, l’espansione massima del concetto di famiglia -.

Ma non è sempre così: a volte i rapporti si consumano, si logorano, cambiano e, di conseguenza, intrappolano.

Ci si sente come dentro una gabbia, si vive un conflitto continuo e si pensa alla relazione come un elemento che “intossica”, da cui si prova a scappare o si accetta con dolore pensando “è solo un periodo, cambierà“, “non è niente di grave“. E invece no, è gravissimo.

È l’origine della distruzione personale. Chi può fermarlo se non noi stessi?

Certo gli alti e i bassi ci sono sempre, anche i periodi di crisi, ma una relazione che ha i contorni perenni di competizione, mancanza di rispetto e coesione, è tossica, costantemente spiacevole e prosciugante.

Il negativo supera il positivo, devasta mentalmente, emotivamente e, in alcuni casi, anche fisicamente. Ti sfianca proprio. Ti spegne, piano piano fino al buio totale.

Manca il supporto, la comprensione, l’incoraggiamento, la gioia di vivere e, semplicemente, l’amore. Perché non può essere amore il dover sopportare, il sentirsi umiliato o attaccato. L’amore riempie, ti inebria, ti eleva, non ti sotterra.

Le “relazioni tossiche”: cosa sono

E le relazioni tossiche sono subdole, perché non sono sempre evidenti. Spesso sono “mascherate” così bene da non pensare neanche lontanamente di vivere un rapporto malato.

Non sono solo quelle dove c’è una violenza evidente e non sono esclusivamente quelle amorose. In realtà si riscontrano già in famiglia, con genitori, figli, fratelli, amici e partner.

Ai microfoni di NewSicilia è intervenuta la psicologa Ines Catania per spiegare, nel dettaglio, tutto ciò che c’è da sapere sulle relazioni tossiche.

Innanzitutto “si parla di tossicità perché non hanno un aspetto funzionale, utile ed evolutivo, ma riflettono legami contrastanti, dipendenti, di subordinazione, gelosia e possesso“.

Il problema è alla base

Spesso “cominciano proprio nella famiglia di origine, dove per svariati motivi, già i genitori risultano una coppia disfunzionale. Coniugi che non si rispettano, che si denigrano, che si squalificano a vicenda e tendono a prevaricare sull’altro schiacciandolo. Persone controllanti, che non rispettano i rispettivi spazi e che tendono a pianificare tutto secondo propri gusti e preferenze. Persone che non rispettano neppure le ideologie e il ruolo dell’altro all’interno del nucleo familiare“.

Questi potrebbero essere alcuni esempi di relazione disfunzionale e di conseguenza tossica, poiché induce le persone coinvolte a innescare lotte di potere e autodistruggersi, oltre che a produrre energie negative.

Come è facilmente intuibile, tutte le dinamiche tossiche che si vivono nella famiglia di origine, vengono poi riprodotte nelle famiglie e nelle relazioni che andranno a crearsi. Questo, nella stragrande maggioranza dei casi.

Come riconoscere una relazione tossica?

Se si è davanti a qualsiasi forma di violenza, abuso o molestia, bisogna intervenire immediatamente ma, nello stesso tempo, è il modo più facile di riconoscere i “sintomi” di una relazione malsana.

Quali sono i “campanelli d’allarme” quando in un rapporto non c’è niente di così evidente? Se il malessere coinvolge l’anima e non il corpo?

La psicologa Ines Catania scende così nello specifico delineando alcuni segni che potrebbero essere indicatori di una relazione tossica:

  • Infelicità persistente: sentimenti di tristezza, rabbia, ansia e rassegnazione, arrivando a provare invidia per le altre coppie felici
  • Mancanza di supporto ed estrema competitività: non c’è il desiderio reciproco di vedere l’altro realizzarsi nella vita, anzi si instaura una competizione;
  • Mancanza di rispetto e conflitto costante: i litigi sono all’ordine del giorno, la comunicazione è tossica, piena di critiche e sarcasmo;
  • Gelosia: diventa costante possessività, chiedendo sempre dove si trova il partner, volendo sapere tutto della sua vita quando non si è insieme etc.;
  • Si ha la sensazione di accontentarsi delle briciole;
  • Controllo finanziario e sociale;
  • Sollevare dubbi e farli minimizzare o respingere;
  • Sacrificare i propri bisogni per mantenere felice il partner: si asseconda qualsiasi cosa l’altra persona voglia, anche quando va contro i propri desideri.

Quando questi elementi stanno erodendo in modo più profondo e pervasivo i nostri sentimenti su noi stessi e sulla relazione nel tempo, non possono essere liquidati come un brutto periodo o una lotta una tantum“, aggiunge.

Un esempio di relazione tossica: narcisista vs empatico

Un esempio classico di relazione tossica che riscontro spesso soprattutto nelle persone che si presentano in studio è quella tra un narcisista e una persona empatica: l’attrazione è irresistibile, eppure in una storia di questo tipo non c’è mai l’happy ending, perché, appunto, ha tutte le caratteristiche di una relazione tossica“, esordisce la nostra intervistata.

E ancora: “Fin dall’inizio si crea una dinamica malsana, di giochi di potere, fughe e frustrazioni: tutta roba che non c’entra nulla con l’amore vero e sano. Questo tipo di rapporto può essere una combinazione molto dolorosa, soprattutto per l’empatico“.

Ma c’è dell’altro: “Il narcisista ha una ferita antica: qualcosa, durante l’infanzia, ha provocato un senso di inutilità, quindi è alla costante e disperata ricerca di approvazione. L’empatico è un guaritore ed entrando facilmente nei panni altrui, si legherà con un narcisista cercando di riparare e risolvere i danni e tentando di sradicare il suo dolore. La possibilità che un narcisista cambi è altamente improbabile“.

Quando si renderà conto di aver perso la capacità di controllare l’empatico, molto probabilmente andrà in cerca della prossima vittima. La possibilità di legarsi per questi due tipi di persone è semplicemente impossibile. Il cuore del narcisista è chiuso, quello dell’empatico aperto: insomma una ricetta perfetta per un enorme disastro!“, aggiunge.

Una via d’uscita c’è!

Facendo riferimento a chi è stato vittima di relazione tossica, bisogna ricordare che:

L’amore non dovrebbe mai costarti la tua pace. Non dovrebbe mai costarti la tua gioia. Non dovrebbe mai costarti la tua felicità. Se nella situazione c’è più negativo che positivo, qualcosa deve cambiare“.

Ecco alcuni passaggi utili per uscire da una relazione tossica:

  • Ammettere di avere un problema: “Riconoscere a sé stessi che la relazione che si sta vivendo è sterile e fa soffrire è il primo passo per instaurare un cambiamento durevole sulla propria situazione attuale“;
  • Osservare la relazione con occhio clinico: “Osservare con razionalità cosa accade nella relazione e le proprie reazioni emotive e fisiche, ci fa capire con più razionalità quali sono i nostri bisogni e quando questi non vengono soddisfatti“.
  • Chiudere il rapporto fornendo al partner un messaggio semplice e chiaro: Dopo aver ponderato accuratamente la decisione di chiudere definitivamente il rapporto, è importante essere chiari col partner, evitando di giustificarsi o di dover dare troppe spiegazioni e, allo stesso tempo, cercando di non colpevolizzare l’altro. Lo scopo è chiudere la relazione ed eventuali messaggi poco chiari o sensi di colpa dell’uno o dell’altro potrebbero lasciare adito a una chiusura non definitiva“.
  • No contact: “Il miglior modo per uscire definitivamente da una relazione disfunzionale consiste nell’evitare qualsiasi tipo di contatto (sia fisico che relativo a chiamate, messaggi o social) con la persona in questione: questo in modo da permettere la ricostruzione della propria vita sempre più indipendente dal pensiero e dalla presenza dell’ex-partner“.
  • Lavoro di ricostruzione: “Infine si lavora sul ri-centramento del proprio sé, dedicandosi alle proprie passioni e riacquistando la propria autonomia e il proprio senso di autoefficacia“.

Questo, ovviamente, non può e non deve sostituire la scelta del professionista più adeguato che possa guidare con azioni mirate e strategie flessibili al riequilibrio e alla ristrutturazione del sé.

Stop! Il prima possibile

Non bisogna cadere nel “tranello” che una relazione tossica possa diventare sana. Per carità, potrebbe succedere ma è estremamente raro. Meglio arrivare alla radice del problema e, se l’unica risposta è quella di porre fine alla relazione, è bene farlo. Il prima possibile.

Sei mia“, “Senza di me non vai da nessuna parte“, “Non ti lascerò mai“. E, invece, “Non sono tua“, “Esco con chi voglio“, “Ti lascio io, non aspetto sia tu a farlo“.

Uscire da una relazione malata può essere il trampolino di lancio per iniziare qualcosa di bello e totalizzante, senza imprigionarsi nella speranza dell’impossibile.

Per interrompere una relazione tossica non basta solo allontanarsi fisicamente da chi ferisce… Bisogna anche allontanarsi da quella parte di sé che permette all’altro di farci del male“, ricorda e conclude la psicologa Ines Catania.

Dalila Di Costa

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Dalila Di Costa
Tags: Aiuto Psicologico Campanelli d'allarme relazione tossica Come riconoscere le relazioni tossiche Come uscire da una relazione tossica Evidenza Ines Catania Psicologa Ines Catania Relazioni tossiche Segnali di relazione tossica

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