Il nuovo questore di Agrigento su Cosa Nostra: “La mafia sta seduta nei Cda di banche o in multinazionali”

Il nuovo questore di Agrigento su Cosa Nostra: “La mafia sta seduta nei Cda di banche o in multinazionali”

AGRIGENTO – Il nuovo questore di Agrigento, Emanuele Ricifari, ha affermato che la città non è soltanto conosciuta per Lampedusa, ma anche per il suo retaggio mafioso. In quanto ex questore dell’area nissena, Ricifari ha una conoscenza diretta del fenomeno e afferma che, nonostante le due realtà siano vicine geograficamente, hanno anche legami antropologici e di famiglia. La mafia non è più come una volta, e sebbene gli stiddari esistano ancora, sono diventati meno aggressivi e i loro rappresentanti sono spesso in prigione o sotto sorveglianza. C’è comunque una lente che monitora il loro comportamento.

Ricifari ha anche osservato che la mafia agrigentina sta seguendo strade diverse, con i suoi membri seduti nei consigli di amministrazione di banche del Nord Europa o in multinazionali. Secondo il questore, il fenomeno mafioso ad Agrigento si è evoluto, e se in passato si occupava della vendita di prodotti agricoli come zucchine o animali, ora il settore di interesse è quello del gioco e delle scommesse, così come lo street food, come dimostrato dalle inchieste e dalle condanne recenti.

 

In foto Emanuele Ricifari

 

 

Matteo Messina Denaro, la moglie dell’ex sindaco Antonio Vaccarino dà incarico a una criminalista

Si tratta della dottoressa Katia Sartoricriminalista esperta in scienze forensi e criminologia investigativa (iscritta al registro nazionale dei criminologi e della sicurezza n 291), che già in precedenza si è occupata di vicende che hanno avuto grande eco sulla stampa nazionale. La Sartori, infatti, si era anche interessata del caso del “suicidio” del maresciallo Antonino Lombardo, su incarico dell’avvocato Alessandra Maria Delrio, allora legale della famiglia, perché si potesse arrivare a una riapertura dell’inchiesta sulla strana morte del carabiniere.

La vicenda dell’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino – scrivono gli avvocati B. Lauria e G. Angelo – che prese parte a un’operazione finalizzata a stanare l’allora latitante Matteo Messina Denaro, concordata con il “Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica” (S.I.S.De.), nel tempo ha dato adito a più illazioni e congetture“.

Vaccarino, con il nickname di Svetonio, era entrato in contatto epistolare con Matteo Messina Denaro, il quale si firmava Alessio.
A seguito dell’arresto di Bernardo Provenzano, nel suo covo vennero trovati diversi “pizzini” di Matteo Messina Denaro, nei quali si faceva riferimento ad Antonio Vaccarino, che proprio a seguito di tale rinvenimento venne inizialmente indagato, fin quando il Sisde, che aveva già comunicato alla Procura di Palermo di avere avviato un’operazione tramite un infiltrato, non intervenne dichiarandone l’identità. Vaccarino venne dunque scagionato dalle accuse che pertanto vennero archiviate“.

Purtroppo, la vicenda che ha riguardato l’allora nostro assistito Antonio Vaccarino – oggi deceduto – fu, ed è ancora oggi, oggetto di non poche strumentalizzazioni. In particolare i dubbi che a scrivere a Vaccarino non fosse il latitante – avallati anche da una perizia calligrafica – hanno dato la stura alle più fantasiose teorie, rese credibili pure da soggetti che, ospiti di importanti programmi televisivi e nascondendosi dietro l’anonimato, hanno rappresentato al pubblico una versione dei fatti assolutamente falsa, adombrando l’immagine dell’allora nostro assistito e l’operato degli ufficiali allora ai vertici S.I.S.De.

A seguito dell’arresto di Matteo Messina Denaro e al rinvenimento di “pizzini” conservati dal latitante e da suoi famigliari, grazie all’operato di pochissimi organi stampa, la moglie di Vaccarino ha appreso di una prima analisi chiesta a un professionista, stante la quale si evincerebbe che gli scritti inviati a Svetonio (Vaccarino) da Alessio (Matteo Messina Denaro), presentano gli stessi caratteri grafici ed identificativi di quelli inoltrati dal boss a più mafiosi e ai suoi stessi famigliari”.

“Al fine dell’accertamento pieno della verità, così che non sia possibile continuare ad infangare il nome di Vaccarino, gettando strane e oscure ombre sul suo operato con il S.I.S.De., e porre fine a quello che appare come un autentico depistaggio, la moglie dell’ex sindaco, nostra assistita, si è rivolta alla Dottoressa Katia Sartori – criminalista esperta in scienze forensi e criminologia investigativa – per una consulenza tecnica che porti a una ricostruzione scientifica degli eventi complessi che videro protagonista il marito“.

Ci sono troppe stranezze in tutta questa vicenda – sottolineano gli avvocati B. Lauria e G. Angelo – che soltanto una nuova perizia calligrafica con lo studio e la comparazione degli scritti inviati a Vaccarino e altri, potrà chiarire, permettendo una ricostruzione scientifica degli eventi complessi e, per certi versi drammatici, che videro protagonista Antonio Vaccarino“.