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Cassazione: “la PAS non ha fondamento scientifico”. Revocato l’affido esclusivo di una figlia al padre

Per la Cassazione la Sindrome da Alienazione Parentale (cd. PAS) non ha alcun fondamento scientifico: va dunque revocato l’affidamento super esclusivo della minore al padre, deciso sulla base di consulenze peritali generiche circa l’incapacità genitoriale della madre.

Una decisione – presa dalla Suprema Corte con ordinanza n. 13217/2021 – che smonta un costrutto sul quale per anni sono state basate numerosissime sentenze: la PAS, che non ha mai trovato un riconoscimento dalla comunità scientifica, ma solo dalla psicologia giuridica.

La vicenda

In primo grado il Tribunale disponeva l’affido esclusivo della minore al padre, ma imponeva a quest’ultimo di corrispondere all’ex moglie (madre della bambina) un assegno di 200 euro mensili per il suo mantenimento.

L’uomo reclamava il provvedimento, chiedendo che, per i primi sei mesi, la donna vedesse la figlia presso i Servizi Sociali, tramite visite controllate, mentre per il periodo successivo domandava che la minore gli venisse affidata in via esclusiva. Inoltre chiedeva la revoca del contributo in favore della donna.

Quest’ultima si opponeva al reclamo, chiedendo l’affidamento congiunto della minore con collocamento presso di sé e la conferma del mantenimento. Impugnava, inoltre, la decisione del Tribunale davanti alla Corte d’Appello, domandando anche qui l’affido congiunto. La Corte, tuttavia, respingeva le richieste della donna, revocando l’assegno di mantenimento in suo favore, confermando l’affidamento esclusivo della bambina al padre e regolando il diritto di visita della stessa presso i Servizi Sociali (visite che, nella specie, si rivelavano particolarmente dosate: un’ora soltanto per Natale ed una sola telefonata per il compleanno della bambina).

Motivo della decisione?

Dalle C.T.U. è emersa una elevata conflittualità tra i genitori della minore, mancanza di comunicazione ed una grave carenza nelle capacità genitoriali della donna. Secondo le relazioni peritali, la donna aveva manifestato l’intenzione di tenere per sé la bambina, escludendo il padre dalla sua vita, una forte resistenza a cambiare le proprie convinzioni e, come conseguenza di tutto ciò, un’influenza negativa sulla figlia.

Il Giudice di secondo grado ha ritenuto attendibili tali conclusioni in quanto basate su “risultanze cliniche, oggetto di specifico accertamento di fatto”. Da qui la decisione di affidare la minore esclusivamente al padre.

Ma è possibile escludere una madre dalla vita della figlia basandosi su C.T.U. generiche?

Secondo la Cassazione no. Con ordinanza n. 13217/2021, con la quale è stato accolto il ricorso della donna, gli Ermellini hanno spiegato che, quando un genitore denuncia comportamenti dell’altro riconducibili alla Sindrome da Alienazione Parentale, è possibile modificare le condizioni di affido solo se il Giudice ha accertato la veridicità di tali comportamenti, non potendosi limitare a richiamare le conclusioni peritali.

Invero, è ciò che è accaduto nella specie. “La Corte d’Appello di Venezia – si legge nell’ordinanza – ha fatto riferimento a gravi ripercussioni ed effetti sulla minore, a condotte scellerate della madre senza indicarle o specificarle nonché ad un comportamento improntato a gravi carenze della genitorialità con volontà di estraniare la minore dal padre senza esplicitare quali siano stati gli specifici pregiudizi per lo sviluppo psicofisico della minore e non considerando le conseguenze di una brusca sottrazione della minore alla madre”.

Tuttavia, tali relazioni sono “in molti punti generiche e non chiare circa la ritenuta carenza delle capacità genitoriali della ricorrente” e il giudice di merito “nell’aderire alle conclusioni dell’accertamento peritale, non può limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto a verificare il fondamento sul piano scientifico di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale”.

Non possono essere adottate soluzioni – conclude la Corte – prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare”.

Insomma, non si può escludere una madre dalla vita di sua figlia sulla base di una sindrome di cui non è stato verificato il fondamento scientifico. Il provvedimento della Corte d’Appello è stato, dunque, cassato con rinvio ad altra Corte territoriale per una nuova trattazione della questione.

Elena Cassella

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Elena Cassella
Tag: Affido Carenza Comunicazione Corte di Cassazione Donna Giustizia Minore Suprema Corte Tribunale Vicenda

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