Gas serra e distruzione infrastrutture: i pericoli del cemento

Gas serra e distruzione infrastrutture: i pericoli del cemento

Secondo lo scienziato Vaclav Smil, se si sostituissero i pavimenti di terra utilizzati in molte baraccopoli con pavimenti in cemento si potrebbero ridurre le malattie anche dell’80%; tuttavia, il cemento è un materiale pericoloso. Una ricerca pubblicata sul The Guardian, e ripresa da un articolo dell’Esquire, recita: “Se l’industria del cemento fosse un Paese, sarebbe il terzo maggior produttore di anidride carbonica al mondo”.

Questo materiale, per la precisione, è responsabile nella misura dell’8% delle emissioni di gas serra (secondo solo a petrolio, gas e carbone). Ricopre i suoli, argina i fiumi e distrugge ecosistemi. Nell’ultimo mezzo secolo, sono state prodotte 8 miliardi di tonnellate di plastica; la stessa quantità di cemento invade il mondo ogni due anni. Oltretutto, impedendo l’assorbimento dell’acqua da parte del terreno, causa allagamenti e catastrofi naturali.

Il più grave, ma meno compreso, degli effetti del cemento è che distrugge le infrastrutture dell’ambiente senza rimpiazzare quelle funzioni ecologiche da cui l’umanità dipende: fertilizzazione, impollinamento, produzione di ossigeno, controllo delle inondazioni e altro ancora”, scrive il The Guardian. Nelle città, strade e palazzi intrappolano il calore del sole, contribuendo al problema del riscaldamento globale.

A partire dal 1950 a oggi, la produzione di cemento è cresciuta di 25 volte, ma serve davvero “cementificare” la natura? Questo ci proteggerà dai cataclismi? In realtà, non sempre. Durante il terremoto e lo tsunami di Tohoku, nel 2011, in Giappone gli argini costruiti per riparare le città costiere di Ishinomaki, Kamaishi e Kitakami sono stati sbriciolati in pochi minuti, causando la morte di 16mila persone. In tempi più remoti, nel 2003, lo stesso è avvenuto in Cina. Ma gli esempi potrebbero continuare.