Giornata internazionale per mettere fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, oltre mille gli assassinati dal 2016: “Perdiamo la capacità di essere informati”

Giornata internazionale per mettere fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, oltre mille gli assassinati dal 2016: “Perdiamo la capacità di essere informati”

Oggi, oltre a essere la Commemorazione dei defunti, è la Giornata internazionale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti. Negli ultimi quindici anni, sono quasi 1.200 i giornalisti che sono stati assassinati per aver riportato notizie scomode informando il pubblico, caso emblematico quello della giornalista investigativa Daphne Caruana Galizia che, dopo aver messo in luce alcuni eventi concernenti i Maltafiles, è stata brutalmente uccisa nel 2017.

Ma se non contassimo solo gli omicidi e espandessimo i dati anche agli attacchi non mortali che subiscono i giornalisti (come torture, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, intimidazioni, molestie e violenze) le cifre diventano da capogiro e, come riporta l’Organizzazione delle Nazioni Unite, quasi impossibili da quantificare.

Il problema maggiore, che poi è quello che questa commemorazione mette in risalto, secondo l’ONU è che solo 1 crimine su 10 ha riportato una condanna penale. L’assenza di leggi ferree e impegno dei Governi delle varie nazioni ha creato una vera impunità generalizzata che, soprattutto negli ultimi anni, non ha fatto che altro che alimentare e incoraggiare gli autori dei crimini, lanciando inoltre un messaggio negativo come a dire che le “opinioni indesiderate” e “i ficcanasonon sono accettati. Inoltre, l’impunità dei giornalisti viola uno dei diritti umani cardine ovvero la libertà di parola e di stampa

Quest’anno, le Nazioni Unite e l’Unesco dedicheranno questa giornata al rafforzamento delle indagini e delle seguenti azioni penali per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti.

Il segretario generale dell’ONU, António Guterres, in occasione di questa commemorazione ha dichiarato: “Se non proteggiamo i giornalisti, la nostra capacità di rimanere informati e prendere decisioni basate su prove è gravemente ostacolata. Quando i giornalisti non possono svolgere il proprio lavoro in sicurezza, perdiamo un’importante difesa contro la pandemia di disinformazione che si è diffusa online“.

Partendo proprio dall’ultimo punto discusso dal Segretario generale dell’ONU, secondo uno studio dell’UNESCO, sin dall’inizio della pandemia vi è stata una crescita rapida di disinformazione.

Sulla base di un’analisi di apprendimento automatico di 112 milioni di post sui social media, in 64 lingue, relativi alla pandemia COVID, i ricercatori della Fondazione Bruno Kessler hanno scoperto che il 40% dei post proveniva da fonti inaffidabili.

Un altro studio che utilizza tecniche di apprendimento automatico, condotto dall’Osservatorio infodemico COVID-19 della Fondazione, ha rilevato che quasi il 42% di oltre 178 milioni di tweet relativi al coronavirus erano prodotti da bot e il 40% erano “inaffidabili”. Inoltre, circa 1/3 degli utenti dei social media ha riferito di aver visto informazioni false o fuorvianti sul coronavirus, afferma uno studio del Reuters Institute condotto in sei paesi. La ricerca di Pew suggerisce che le persone che ricevono le loro notizie principalmente attraverso i social media hanno maggiori probabilità di essere esposte a contenuti falsi.

Newsguard ha identificato 191 siti web in Europa e Nord America che hanno pubblicato false informazioni sul virus. Infine, la CoronaVirusFacts Alliance ha scoperto e smentito più di 3.500 informazioni false o fuorvianti, in più di 70 paesi e in più di 40 lingue.