Operazione “Lua Mater”, l’arsenale di Cosa Nostra nascosto in un bar: “Bisogna accertare il perché di tutte queste armi”

Operazione “Lua Mater”, l’arsenale di Cosa Nostra nascosto in un bar: “Bisogna accertare il perché di tutte queste armi”

ENNA – Emergono nuovi dettagli e dichiarazioni dopo il maxi sequestro di armi effettuato durante l’operazione antimafia “Lua Mater” eseguita nell’Ennese.

I microfoni sono stati puntati verso il procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore De Luca il quale ha detto che ” Era dagli anni Novanta che non mi capitava di vedere un così ingente quantitativo di armi sequestrate“.

“Bisognerà capire il motivo dietro tutte queste armi”

Quanto accertato in questa operazione conferma l’erroneità del concetto di ‘mafia liquida’ e di una Cosa nostra che fa solo affari non curando l’apparato militareha detto Salvatore De Luca – Il dato è inquietante perché il kalashnikov se ben usato ha una forza tale da riuscire a bucare anche le blindature. Quale fosse l’utilizzo potenziale di queste armi si dovrà accertare ma desta una certa inquietudine“.

Questo è uno dei distretti d’Italia in cui la criminalità organizzata ha più armi in rapporto alla popolazione. I due arsenali sono stati rinvenuti uno a Pietraperzia e l’altro a Regalbuto, piccoli centri da 7 mila abitanti l’uno. Bisognerà accertare il perché di tutte queste armi”.

“Un copione già visto”

De Luca ha sottolineato come la Procura e le forze di polizia giudiziaria abbiano esercitato un controllo sul territorio che ha impedito gravi fatti di sangue. “È la conferma che la Procura di Caltanissetta non si occupa solo dei filoni di indagini sulle stragi del ’92 ma anche delle dinamiche mafiose attuali avendo la priorità della sicurezza dei cittadini”.

“Si ripropone un copione già visto, cioè un capomafia che esce dal carcere dopo aver scontato diversi anni di detenzione e godendo di particolare prestigio riprende in mano le redini del territorio”.

Armi nascoste nel bar di paese

Le armi venivano custodite da un uomo di fiducia del boss. A Pietraperzia sono state trovate in campagna mentre a Regalbuto nascoste nel bar centrale del paeseha detto la dirigente della Squadra Mobile di Enna, Elena Barreca.

L’organizzazione operava sul territorio con l’uso della forza mediante minacce, estorsioni, pestaggi. Dall’altra parte il vertice dell’associazione si poneva come referente all’esterno per le famiglie mafiose che operano in altri territori“.

Tra gli episodi accertati uno particolarmente eclatante in cui il boss decide di infliggere la propria punizione su un giovane, uno spacciatore, umiliandolo perché colpevole di aver avviato un’attività di spaccio senza il suo consenso. Il giovane, particolarmente prestante, prendeva gli schiaffi e non reagiva riconoscendo il potere del boss”.