CATANIA – Poche ore ancora e tutte le curiosità saranno soddisfatte. Allenatore, giocatori, glorie del recente passato alla corte della nuova Società, data del ritiro etc., sapremo tutto e poi? Dopo s’innescherà l’inevitabile brusìo che emergerà, prepotentemente, dal quel melting pot che compone l’anima della tifoseria rossazzurra, mille e più opinionisti pronti a sciorinare critiche, suggerimenti, plausi: l’ordine non è casuale. “Io questo nome già lo sapevo”, “la rosa così non è completa”, “questo non mi piace”, “tizio è un buon giocatore”, “ma perché questo allenatore?”. “Biagianti sì e Mascara no?” “Certo questo attaccante sarà di categoria ma Moro… era altra cosa…”. “Ma Baldini non poteva ritornare?”.
Perplessità e domande, per adesso, frutto della nostra fantasia, forse… Ma ci sta anche questo, anzi, nel calcio ci sta tutto perché è fuor di dubbio che la sua forza è (ci perdoni A. Smith) un “laissez-faire” in versione dialettica/calcistica che permette, da sempre, di dare voce a tutti rendendo il singolo tifoso, anche se per un breve istante, e magari solo per lui, caput mundi delle decisioni importanti. Togli questo, hai “evirato” l’anima di uno sport nato, è vero, all’interno dell’alta borghesia, ma divenuto popolare proprio per il riuscito tentativo di emulazione sociale racchiuso in quel: adesso anche la mia opinione è degna di nota, mentre la questione identitaria l’ha consacrato definitivamente a sport della gente. Il Catania SSD ha fatto suo questo credo, il nuovo presidente sa bene che funziona così, pertanto “il Catania è della sua gente” non è il solito, mellifluo, claim “acchiappa” simpatie.
Articolata introduzione, che spero ci perdonerete, ma che ci prepara a comprendere e accettare tutti quei soloni che sono già pronti con i loro “se, ma, però” e ancor peggio: “tutto qui?”. E invece, stavolta, di una cosa dobbiamo essere certi, tutti questi “se, ma, però” dovranno avvicendarsi, inglobarsi, essere svuotati da sterili polemiche e prepotentemente sussunti in una sola affermazione: io ci sarò, a prescindere! Perché, oggi, è richiesta questa fede cieca? Magari per dare seguito a un’abusata metafora che, stavolta ci perdoni Newton, si rifà al terzo principio della dinamica.
Pertanto, se l’azione della neonata Società è stata, fino adesso, senza nemmeno una grinza, manco a pagarla a peso d’oro, se siamo stati inondati da professionalità, tempismo, educazione, passione, con risposte pesate con il bilancino dell’orefice, con il coinvolgimento della tifoseria cristallizzato nella scelta del nuovo logo, di conseguenza la nostra reazione può, e dovrà, essere una e una sola: io ci sarò, a prescindere!
Già detto prima? Sì, è vero, ma se preceduto da “dovrà essere una e una sola”, solo questo è ammesso scrivere.
Non è ancora chiaro? Bene, entriamo nel dettaglio. Appena tutto sarà concluso, iscrizione, squadra, ritiro, primi calci al pallone, saremo al giro di boa, anzi, precisiamo, a un palese capovolgimento di responsabilità. Non saremo adesso più noi ad attendere e criticare liberamente/sproposito cosa faranno gli “altri”, ma saranno adesso gli “altri” (leggasi Catania SSD) ad attendere e criticare cosa faranno i tifosi. Le vie di fuga ci saranno, ne siamo consapevoli, gli alibi se non ci sono s’inventeranno, d’accordo anche su questo, ma epurato l’ambiente da tutti i menagramo di professione, c’è una intera provincia che attende da anni la sua vetrina calcistica/sociale, che aspetta di riappropriarsi di un patrimonio dilapidato per insipienza intinta nel pressappochismo.
Pertanto, o saremo presenti o sarà vietato criticare, tertium non datur, anche perché la risalita non sarà un “walking on field” ma dovrà essere una sorta di Cammino di Santiago, interminabile, dura, scoscesa e piena d’insidie ma catarticamente inevitabile per ritrovare noi stessi, la nostra storia, una matricola, uno stemma. Si chiama identità, si scrive Catania 1946, si legge riscatto. Farne parte, per chi ci crede, sarà un più un dovere che un piacere. Chiaro adesso?