Chissà quanti tifosi della Nazionale ricorderanno quel suo gesto iconico, come far finta di suonare un ideale violino, dopo il bel gol messo a segno contro gli Stati Uniti nel mondiale vinto in Germania oltre vent’anni fa… Ma di certo ricorderanno bene quel suo essere rapace in area avversaria con un fiuto del gol da veri campioni realizzando in carriera ben 188 gol.
Sì, è lui, l’indimenticabile Alberto Gilardino, ex campione del mondo nell’ormai (troppo) lontano 2006, attaccante di razza pura e di un’invidiabile eleganza nella tecnica e nei movimenti, oggi allenatore con una bella cavalcata dalla serie D, Lega Pro, B e…in serie A con il Genoa.
Alberto Gilardino al City Sports Club
L’occasione per porgli alcune domande sulla nazionale, sul calcio di oggi e…ovviamente sul Catania, si è presentata al City Sports Club durante un corso di formazione ODG organizzato dall’ USSI Sicilia sez. di Catania, sul tema: “Allenatori, addetti stampa e giornalisti: codice deontologico, diritto di cronaca e i limiti del regolamento media. Come sono cambiati nel tempo i rapporti tra queste figure” corso dove l’ha visto anche in veste di relatore. L’occasione è ghiotta per porgli una serie di domande a cui l’ex attaccante della Nazionale non si è per nulla sottratto rispondendo con garbo e cortesia cominciando con il classico:
“Innanzitutto mi fa piacere tornare in questa isola dove ho avuto modo di arrivare due giorni fa a Mazara del Vallo per ritirato un premio, un’occasione che mi permesso di girare un po’ la Sicilia per giungere fino a Catania ed è stato bello attraversare questa terra meravigliosa, e oggi mi dedico a voi per qualche ora di formazione di studio e di apprendimento e credo che sia importante il dialogo perché è importante parlare ma anche ascoltare, fondamentale per la formazione di tutti e non solo di un allenatore”.
I rapporti tra allenatori, addetti stampa e giornalisti in seguito alla normativa sui diritti televisivi nel tempo sono mutati. Potresti dirci il tuo punto di vista?
“Io penso ad allenare sul campo e per quanto riguarda l’allenatore nei confronti con i giornalisti e con gli addetti stampi nei rapporti personali per me sono fondamentali e determinanti, perché la comunicazione negli ultimi quindici anni è cambiata e l’allenatore deve essere preparato prima e dopo la partita e anche durante la settimana. Io ho il piacere di collaborare con una persona di grande esperienza come Giuseppe Sapienza che mi ha supportato in questo e sto cercando comunque di migliorare la mia persona anche sotto questo punto di vista”.
Per NewSicilia abbiamo posto due domande:
Dalla vittoria del mondiale 2006 a non partecipare a ben due campionati del mondo: perché questa involuzione nel calcio della Nazionale italiana?
“Io credo molto nei valori della Nazionale italiana, e magari a differenza di qualcuno credo molto nel nostro nuovo tecnico Luciano Spalletti che conosco e sa valorizzare i giocatori e sa valorizzare i giovani. Credo che con lui siamo in ottime mani, anzi ne sono convinto. Dal mondiale 2006 ad oggi c’è stato un cambio generazionale che è sotto gli occhi di tutti, ma io credo che ci sia la volontà da parte degli addetti ai lavori, da parte dei tecnici, da parte di chi lavora quotidianamente con i giovani italiani di farli crescere sia umanamente, sia tecnicamente, sia pure tatticamente; quindi, mi auguro che nei prossimi anni si possa rivedere e si possa riconfermare la migliore Nazionale”.
Un aspetto positivo e uno negativo del calcio moderno?
“Per quanto riguarda in Italia ho avuto modo di allenare in questi in questi anni in tutte le categorie, e questo per un allenatore alle prime armi è stato fondamentale come il cominciare dalla serie D, fare la Lega Pro, allenare in serie B fino alla A. Penso che il calcio sia cambiato tanto negli ultimi anni, ma poi sono convinto che le cose più semplici siano sempre le cose più importanti, siano le cose fondamentali, perché sono i particolari più semplici che fanno la differenza nel risultato della gara”.
Quali ricordi hai della tua esperienza in Sicilia?
“Mi piace ricordare quell’esperienza a Palermo e sono convinto che il Palermo sia una società seria con dirigenti molto preparati e un allenatore molto bravo. Ma siamo a Catania, quindi mi sembra doveroso parlare anche del Catania calcio dove ho un amico come Vincenzo Grella con cui ho condiviso alcuni mesi a Parma da giocatore quindi ci conosciamo molto bene. C’è anche una figura importante come Faggiano e il tecnico Toscano, un allenatore che conosce molto bene la categoria dove ha vinto anche tanto. Sono convinto, come per il Palermo che per il Catania, nel momento in cui arriveranno i play off sarà un campionato a parte dove i valori si azzereranno e i valori del Catania sono molto alti perché ci sono giocatori anche di esperienza. Quindi, l’augurio è quello di vedere il calcio siciliano tra poco tempo ritornare nel calcio che conta lo meritano davvero, basti pensare alla prossima partita contro l’Avellino dove ci saranno quasi 20.000 persone che sono cifre record, da altre categorie”.
Com’è nata l’idea di passare da giocatore ad allenatore?
“Appena smesso di giocare ho fatto subito il corso da allenatore e dopo tre mesi allenavo in serie D vicino a Brescia. Ho cercato subito di accostare quello che è stato il mio passato da giocatore e ritrovare le motivazioni per fare questo nuovo ruolo nel miglior modo possibile, poi col passare dei mesi mi sono accorto che mi piaceva sempre più e da parte mia sentivo un’ossessione positiva per questo nuovo lavoro”.