“Yerma” e la maternità negata

CATANIA – Un turbinio di emozioni e sentimenti contrastanti ruotano attorno alla vita di “Yerma”, una donna frustrata ed umiliata dalla mancata maternità. Spettacolo tratto dalla trilogia lorchiana assieme a “La Casa di Bernarda Alba” e “Bodas de sangre” e messo in scena dal Nuovo Teatro Stabile di Mascalucia per un attento e delicato riadattamento realizzato e diretto da Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi.

In una scena essenziale, realizzata da Mario Rocca, che riproduce i luoghi più reconditi della Spagna andalusa, l’ottima e affiatata compagnia di attori vincitrice assoluta del concorso nazionale Maschera d’Oro di Vicenza per lo spettacolo “Uno sguardo dal ponte”, capitanata da una straordinaria ed intensa Rita Re nel ruolo della protagonista, racconta il dramma umano e psicologico di una donna già segnata dal suo nome “Yerma” che tradotto nella nostra lingua significa sterile e mai compresa dal marito Juan, Andrea Zappalà, il quale getta sulla moglie l’onta del mancato concepimento nascondendo dietro un tradimento inesistente con l’amico Victor, Andrea Luca, la sua impossibilità di procreare.

La liricità del testo sottolineata da un particolare gioco di luci e musiche dal caldo ritmo latino, curate da Irene Albergo e Alfio Nicolosi, accentua la morale cattolica del periodo in cui la donna è costretta a subire vessazioni e soprusi dal marito senza permettersi di rompere per nessun motivo il sacro vincolo del matrimonio, puntando l’attenzione al fatto che l’unico scopo di un’unione coniugale è mettere al mondo dei figli.

I numerosi riferimenti pagani voluti dall’autore vengono sapientemente messi in luce durante i dialoghi con Dolores, Christine Righi, una sorta di santone capace di rendere fertile una donna sterile attraverso un particolare rituale di preghiere perpetuate nel buio del cimitero a cui si sottopone la giovane protagonista, e la Vecchia, Cettina Poma autrice anche dei costumi, sposata due volte e madre di ben quattordici figli che nei due atti della piéce instilla in Yerma il dubbio diventato sempre più certezza che sia Juan il colpevole della sterilità.

L’intera messa in scena, applaudita da lunghi e meritati applausi, non presenta alcun cedimento o naturale calo fisiologico di pathos in quanto la traqgedia dalla disperazione di Yerma al pellegrinaggio nel monte del Santo, scena tipicamente dal carattere pagano ricca di grande intensità, all’epilogo finale in cui la giovane donna sempre più disperata dopo aver appreso la verità sul conto di suo marito lo strangola con le sue mani mentre i paesani accorrono attorno al corpo esanime di Juan urla: “Non avvicinatevi ho ucciso mio figlio” è un crescendo di emozioni e commozione generale per uno spettacolo degno dei più importanti palcoscenici.

Completano lo spettacolo gli attori Egle Santonocito, Alessia Monaco, Marzia Bisicchia, Anna De Luca, Adriana Cesarotti, Francesca Nastasi, Mario Rocca, Gregory Domingue e Alessandro Rocca.