Ubaldo Ferrini si racconta nel libro “La radio libera. La radio prigioniera”

Ubaldo Ferrini si racconta nel libro “La radio libera. La radio prigioniera”

CATANIA – L’opera prima di Ubaldo Ferrini “La radio libera, La radio Prigioniera”, edizioni Akkuaria, a pochi giorni dalla pubblicazione è prima in classifica su Amazon, per la sezione radio e tra i primi dieci libri più richiesti del momento.

Un racconto emozionale ed emozionante dagli anni settanta ai nostri giorni sul mondo della radio tra mode, passioni e sentimenti con il passaggio fondamentale della nascita delle radio libere e di un passato radiofonico, forse sottovalutato, che si pone come strumento necessario per scrivere il futuro di chi vuole intraprendere il cammino professionale della comunicazione radiofonica.

In copertina un’iconica immagine di una radio retrò che si libera dalle sbarre di una prigione, realizzata da Turi Papale, la quale narra dalla viva voce di quei “sopravvissuti” di quella generazione che ancora oggi a distanza di anni in memoria dell’antico furore e sacro fuoco ha il coraggio e la voglia di mettersi sempre in gioco.

La radio è la sua vita, ci racconta in quanto tempo è nato questo libro?

“Non credo si possa concretamente quantificare il tempo di gestazione, perché tutto quello che poi ho racchiuso nel mio libro era già presente nella mia mente e si é costruito man mano nel corso degli anni, attraverso esperienze vissute in prima persona come l’ascolto continuo della radio, letture, confronti con altri cultori e/o esponenti del mezzo. Avevo già raccolto esperienze e idee, poi, in modo concreto collaborando con Newslinet, diretto da Massimo Lualdi, ho iniziato a mettere per iscritto le mie prime considerazioni e, alla fine, ho sentito quasi l’esigenza, oltre che il piacere, di mettere ordine alle mie idee e alle mie riflessioni sulla radio con qualche breve cenno al mio trascorso e, in concreto, il libro è nato in pochi mesi”.

Quanto è stato difficile riaprire l’album dei ricordi e raccontare pagine di vita?

“In realtà non è stato difficile, perché tutto dagli avvenimenti più importanti agli episodi apparentemente più insignificanti è stampato nella mia memoria. Anni densi e irripetibili che non si possono dimenticare. Quanto al raccontarli invece, nonostante il mio egocentrismo, sono molto riservato per quello che riguarda la mia vita e solo nella prima parte del libro si trovano dei ricordi personali, anche se poi tutti i miei pensieri sulla radio del passato, del presente e del futuro sono ovviamente frutto di quanto vissuto. “La radio libera La radio prigioniera” mi rappresenta, ma non è un’autobiografia, chissà in futuro, se il mio innato pudore si farà da parte potrei realizzarla”.

Si parla del passaggio fondamentale della radio dalla prima fase della radiofonia italiana dopo la sentenza 202/1976 della Corte Costituzionale, che aveva “liberato” l’etere dall’egemonia del servizio pubblico radiotelevisivo ai giorni nostri. Qual è stato il momento cruciale per chi vive di radio?

“La Corte Costituzionale dichiarò incostituzionale il monopolio radiotelevisivo su scala locale per violazione degli artt. 3 e 21 della Costituzione, ma indicava espressamente la necessità di una legge che disciplinasse il rilascio dell’autorizzazione senza la quale non sarebbe stato lecito ad alcun operatore privato trasmettere via etere, sia pure in ambito locale, per l’esigenza di evitare interferenze. All’inerzia del legislatore scaturì una sorta di occupazione selvaggia dell’etere e il fiorire di centinaia di nuove emittenti. Fu un momento di grande libertà, dirompente creatività, internazionalizzazione della musica, anche se questa crescita del numero di emittenti divenne abnorme e incontrollabile in pochissimo tempo”.

Tra gli anni ’70 e ’80, il periodo d’oro della radio, imperversava la moda degli adesivi nel lunotto dell’auto. C’era una sana rivalità tra le radio…

“A questo fenomeno ormai scomparso è dedicato un capitolo. Si trattava di una moda diffusissima in tutta Italia. Dalla Lombardia alla Sicilia, con le dovute proporzioni, ogni emittente contribuiva alla crescita di questo filone. Questi adesivi erano richiestissimi e non venivano appiccicati solo sul lunotto dell’auto, ma anche sugli specchi, sugli armadi, sui diari di tanti ragazzi. Tra l’altro il metodo degli adesivi era sicuramente ottimo per promozionarsi a un costo relativamente basso e con risultati eccellenti. Maggiore era la veicolazione dell’adesivo, maggiore risultava l’impatto per la visibilità della radio”.

Cambiano anche gli strumenti di fare radio, si passa dall’analogico al digitale. Quali i difetti e i pregi?

“Chiaramente non si può fermare il progresso che, come in diversi campi, ha migliorato qualità, velocità, visibilità, aprendo spiragli inimmaginabili. E’ pur vero che si sta rischiando di farsi soggiogare, per esempio nel caso dell’utilizzo dei social da parte delle radio che spesso non si rendono conto di creare contenuti per delle piattaforme che poi, in realtà, sono dei competitor nella ricerca pubblicitaria”.

Social come deterrente e non come aiuto…

“Ci sono casi in cui praticamente si lavora gratis per la concorrenza, senza cercare di usare i social per veicolare gli utenti sui propri siti ma solo con post e meme fini a se stessi che danno l’illusoria vanità dei “mi piace” sul momento ma senza portare a casa nessun risultato reale. Tra l’altro la figura di social media manager è spesso affidata alla totale improvvisazione di chiunque si trovi in onda e non conosce nulla dei meccanismi della piattaforma sulla quale sta operando”.

Prefazione di Marco Biondi e postazione di Massimo Lualdi due nomi importanti del settore e già numerosi consensi positivi dei lettori. Cosa si aspetta da questa sua nuova avventura?

“Mi fa piacere, anzitutto, che sia evidenziata la presenza nel mio libro di questi due grandi nomi e personalità. É stato, per me, un onore che abbiano accolto con entusiasmo di curarne l’uno la prefazione e l’altro la postfazione e rappresentano un’attestazione di stima che mi gratifica immensamente. Cosa mi aspetto da questa “nuova avventura”? So con certezza quale è stata la molla che mi ha portato a mettere nero su bianco le mie analisi e riflessioni sul passato e sul presente a livello locale e nazionale e su come mi piacerebbe che fosse il futuro della radio, quella di lasciare una traccia scritta soprattutto del periodo passato dato che su molte cose accadute esiste poco o nulla da leggere e tramandare e fornire spunti di riflessione sul presente e, soprattutto del futuro, di questo amatissimo mezzo di comunicazione. Ovviamente, per adesso, è un piacere vedere il proprio libro, subito dopo la pubblicazione, ai vertici della classifica Amazon nel settore Arte e spettacolo e addirittura primo nella categoria Radio”.

In base alle sue esperienze come Tutor radiofonico in laboratori universitari e di scuole di formazione in contatto con tantissimi giovani come vede le nuove generazioni di dj?

“I ragazzi alla fine guardano quello che noi facciamo loro vedere e in molti casi non è edificante. Trovare su radio nazionali personaggi televisivi momentaneamente a spasso riciclati per la modulazione di frequenza, veline, tronisti, youtuber, influencer senza alcuna conoscenza del linguaggio e dei tempi della radio non è un buon esempio che li spinga a migliorarsi e cercare di sacrificarsi. Poi in alcuni casi la mancanza di umiltà e l’indispensabile attitudine ad adoperarsi per una sana gavetta fanno il resto…”.

Prima di salutarci ci dia la sua definizione di radio

“Un mondo nato solo grazie alla follia di chi ha creduto tanti anni fa che potesse esistere un’alternativa alla Rai nella modulazione di frequenza, pagandone spesso in prima persona il prezzo con tanti sacrifici e non poche beghe legali, avanzando di centimetro in centimetro sino a conquistarsi la legittimità di esistere. Senza quel passato adesso non saremmo qui a parlarne e grazie ad esso dovremmo cercare di tramandare storie e contenuti alle nuove generazioni, come musa ispiratrice per il futuro”.