CATANIA – Una metafora che prende in prestito una delle più importanti figure storiche che l’umanità abbia mai conosciuto per denunciare la moderna schiavitù del precariato.
È Gesù Cristo il protagonista del nuovo video di Paolo Antonio, “Lavoro in un Call center”. Il cantautore siciliano, con il suo solito estro e la sottile ironia, ha scelto il trentatreenne più noto al mondo e lo ha vestito dei panni di un giovane di oggi, costretto, come molti suoi coetanei, a lavorare in un call center.
“L’idea mi è venuta dalla considerazione che, per molti giovani, la condizione di precario rappresenta una flagellazione quotidiana – spiega il cantautore. Sono dei “poveri cristi” che indossano l’auricolare, che è un po’ la loro corona di spine, e che sono destinati a una crocifissione prima o poi segnata: la scadenza del contratto”.
Insomma, un brano per denunciare il calvario dei precari italiani in modo choc.
[wpvp_embed type=youtube video_code=peesXgZB0CE width=670 height=377]
“Se avessi raccontato la storia di un precario qualunque – continua Paolo Antonio – non avrei ottenuto lo stesso effetto. Raccontare la vita di un trentatreenne molto speciale, ha reso speciale questa vicenda”.
Una storia di ordinaria quotidianità, dunque, quella di tantissimi giovani e non solo, costretti a veri e propri martiri.
“Non si tratta di una contestazione nei confronti di chi lavora nei call center – precisa il cantautore – ma di una denuncia contro il sistema dei “polli in batteria”: quegli operatori che devono telefonare a ripetizione nella speranza di vendere un contratto a qualcuno. Lavoratori spesso sfruttati che non traggono guadagno né soddisfazione da ciò che fanno”.
Il brano “Lavoro in un Call Center”, seppure in un momento di forte disoccupazione, vuole essere dunque uno sprone ai lavoratori affinché pretendano il rispetto della propria dignità personale, prima ancora che professionale.
“Difficilmente questo è un mestiere che si fa per scelta – prosegue Paolo Antonio. Ma credo che, a un certo punto, bisogna ribellarsi. Quando si tratta di dignità del lavoro non bisogna scendere a compromessi. Parlo per esperienza, nei call center ci sono passato anch’io. Ti convinci che è solo per un periodo, solo perché non si trova di meglio, credi che prima o poi troverai un lavoro vero. E nel frattempo hai gettato al vento mesi o anni della tua vita”.
Nel video, Gesù incontra anche una famiglia arcobaleno, due donne e un bambino, che il protagonista saluta amichevolmente.
“Ho ideato questa scena – spiega Paolo Antonio – per dire che la crisi della famiglia non è assolutamente legata ai matrimoni gay, come molti sostengono, ma all’instabilità lavorativa in cui vivono i giovani italiani. E poi Gesù è un grande testimonial dell’amore, per cui non trovo strano che sorrida a delle persone che si amano, anche se omosessuali”.
Il video si conclude con l’amarezza del licenziamento che, tuttavia, è anche un’opportunità di liberazione, anzi, una “resurrezione”. Gesù si unisce a Paolo Antonio, che nel video veste i panni di un artista di strada, e insieme iniziano a suonare.
La regia del videoclip è di Marco Pirrello che, insieme a Paolo Antonio, ha curato anche la sceneggiatura. Il montaggio incalzante e l’attenzione ai particolari riescono a donare alla storia un pathos che riesce a dare ancora più umanità alla vicenda, accompagnando lo spettatore in un crescendo di sentimenti.