L’iconicità eterna dell’Arena Argentina e le metamorfosi del cinema: intervista esclusiva ad Alberto Surrentino

L’iconicità eterna dell’Arena Argentina e le metamorfosi del cinema: intervista esclusiva ad Alberto Surrentino

CATANIA –Familiare, affascinante, inclusiva“, queste le tre colonne su cui l’Arena Argentina di Catania si erge e che, estate dopo estate, fa sognare centinaia di spettatori inscatolando film e pellicole leggendarie in un panorama naturale diventato icona.

In esclusiva ai nostri microfoni, abbiamo avuto il piacere di conoscere e “parlare di cinema” con Alberto Surrentino, responsabile dell’Arena Argentina e del cinema King.

Come e quando è nato il progetto?

“Il progetto nasce ovviamente prima che ci entrassi io e nasce al King, prima chiamato Mirone, nel 79′. Venne preso questo cinema di seconda visione e tre anni dopo si aggiunse nella gestione anche l’Arena Argentina che era stata chiusa nel 1981″.

“Da lì comincio la storia dell’Arena, con ovviamente una programmazione completamente diversa da quella di oggi, poiché all’epoca si puntava molto sul cinema di repertorio. L’Argentina se non errò quella stagione fece un solo film di stagione, il resto repertorio”.

In base a quale criterio vengono scelti i film e come viene stilato il programma?

I film vengono selezionati su questa base: un elemento è quello del repertorio, l’Argentina è l’unica a farlo, ed è una caratteristica che attira molto. Poi ci sono le pellicole della stagione e rispetto al passato se ne fanno molti di più, perché è cambiato il modo di fruizione del cinema. Una volta il film se non lo vedevi al cinema era difficile reperirlo, quindi fare un film di repertorio permetteva agli spettatori di non far perdere nulla”.

“Oggi basta un click e vedi ciò che vuoi, per cui il repertorio è difficile da proporre oggi e per farlo bisogna proporre quei film che hanno un particolare per cui vale la pena vederlo al cinema. Non basta dunque essere un buon film ma deve essere un film che attragga gli spettatori nell’arena.

“Come abbiamo detto prima, altro elemento è il cinema della stagione in corso e lì la scelta viene fatta su un criterio qualitativo, tenendo conto che il pubblico estivo è diverso da quello invernale e si cerca una programmazione più leggera, arricchita di commedie”.

Un film che lascerebbe in programma ogni settimana?

Ti direi Scarface, un film che amo profondamente e che abbiamo riproposto quest’anno, prima al King e poi all’Argentina”.

“Quando uscì venne ri-inserito per tanti anni , diventando un cult del periodo e quindi tra i miliardi di film che ci sarebbero da citare, e forse perché mosso dal 40esimo anniversario, penso che lo vedrei ogni settimana“.

Il Covid ha rappresentato una riscoperta delle arene?

Il Covid ha accelerato un processo di metamorfosi del cinema, per cui prima si andava al cinema imprescindibilmente, con le chiusure che ci sono state si era persa l’abitudine di andare d’inverno, riflettendo questa evoluzione anche nelle arene. Il calo di spettatori c’è stato e non è stato assorbito del tutto, infatti non siamo ai numeri del 2019“.

Il pubblico giovane aveva riscoperto l’arena da almeno una decina d’anni, per un discorso legato alle politiche di prezzo e alla riproposizione dei classici. Devo dire che non so se ci sia stata una relazione tra la Pandemia e la riscoperta delle arene, perché comunque le limitazioni erano tante e non c’è stata una reazione del ‘siccome non siamo andati d’inverno andiamo d’estate’ “.

Il cinema ha rischiato di morire lasciando spazio allo streaming?

C’è ancora questa paura, perché noi in genere in Italia le cose sono avvenute ad una distanza di 10-20 anni rispetto agli Stati Uniti. Perché negli Usa il cinema come lo intendiamo noi è morto da tempo, ci sono le grandi catene nei centri commerciali e poi c’é l’indipendente ma non esiste più l’idea che avevamo noi“.

“Quel concetto di andare in centro città e vedersi il film, è stato superato in America già da prima del Covid e noi probabilmente ci arriveremo un po’ dopo. Lo streaming sicuramente riduce la voglia di vedere un film al cinema, perché ci sono una serie di pellicole che lo spettatore medio sa che non vale la pena andare a vedere e che prima o poi usciranno in streaming”.

“Una fase che dunque doveva essere temporanea è semplicemente diventata definitiva, cambiando la fruizione del cinema e sta solo a noi esercenti capire come cambiare a nostra volta. Oggi parliamo di numeri sotto le dieci unità, cosa che una volta non sarebbe mai successa, e oltre l’incasso milionario di Inside Out, sembra davvero che le sale siano quasi vuote. Ora dobbiamo capire se questa fase l’abbiamo già superata e questi sono i numeri a cui dobbiamo abituarci o se possano peggiorare o migliorare ulteriormente.

Un’idea di cambiamento che potremmo adottare è quella di prendere anche noi i prodotti dello streaming. Proiettare ad esempio la nuova serie di Stranger Things, secondo me attirerebbe molti spettatori nelle sale, peccato che Netflix non lo permetta“.

Perché in Sicilia la presenza di arene è così scarsa?

Le Arene sono una cosa tipicamente catanese, basti pensare che negli anni 50 c’erano ben 35 arene ed è un numero che non ha eguali probabilmente neanche nel mondo. Ci sono delle circostanze inspiegabili per cui questo fenomeno sia radicato a Catania.

“Prendendo in esame le altre province, Palermo ha chiuse le arene almeno 15 anni fa oppure non ricordo un’arena a Messina da più di 20 anni. Tolte infine le arene nel territorio ragusano, legate strettamente all’attrazione turistica, sembra che solo Catania abbia questa vocazione“.

Cosa diversifica l’arena dal cinema al chiuso?

L’atmosfera dell’arena permette una possibilità di socializzazione diversa dal cinema al chiuso dove comunque sei avvolto nel buio e oltre l’intervallo la comunicazione con l’altro è minore. L’arena è un posto più familiare, che ti offre la sensazione di far parte di una grande comunità.

Altro grande aspetto è la libertà nella scelta, poiché mentre il cinema al chiuso resta incollato ai limiti della stagione, l’arena spazia in 100 anni di cinema e diventa una sorta di appuntamento fisso e non legato all’occasione“.

Quali consigli darebbe a chi sogna di gettarsi in questo mondo?

Devo dire in primis che oggi non so se consiglierei di aprire un’arena perché la speculazione edilizia ha fagocitato tutti i terreni disponibili e che porta al problema di capire dove aprirla. Oltre l’Arena Scalia a Barriera, Catania non ha posti da offrire e soprattutto parliamo di un luogo lontano dal centro e che potrebbe non avere lo stesso risultato”.

Se però qualcuno dovesse riuscirci, il consiglio è quello di puntare sul rapporto con il pubblico e sull’inventiva rispetto ai film proposti. L’arena deve essere una sorta di grande cineclub condiviso che deve mantenere viva l’idea di dialogo e scambio con lo spettatore“.