“Le nozze d’Armando” cattura e ammalia il pubblico del Teatro Stabile Gravina

“Le nozze d’Armando” cattura e ammalia il pubblico del Teatro Stabile Gravina

CATANIA – Bravi, applausi, emozioni e risate, tutto questo durante e alla fine della messa in scena dell’intricante commedia “Le nozze di Armando”, avviluppante copione di quel compianto genio eclettico di Piero Iuvara per la regia di Franco Torrisi.

Difatti, fin dalle prime battute, è stata tutta una sospensione di incipit a cui seguivano diverse trame che si snodavano su altri incipit in una storia che diventava contenitore di altre storie che prendevano forma nell’incedere e precipitare degli eventi per nuove ripartenze in una sorta di origami della vita di cui solo all’ultima piega, ispirata dall’ennesima sorpresa, ne comprendi l’intera forma.

Ma non basta, perché alcuni riferimenti, quasi aforistici, nelle “Le nozze di Armando” spesso “rubavano la scena” a sé stessa per veicolare scoscese riflessioni, puntualmente disseminate nel copione, quasi fossero pietre d’inciampo o fogli appesi nei tetti delle stanze della vita, messaggi da decodificare e fare tuoi se ti va: Piero Iuvara per servirvi… Con queste premesse, non era semplice il compito degli attori della compagnia del Teatro Stabile Gravina che, premendo a fondo sull’acceleratore dell’esperienza, sono riusciti a non smarrirsi in questo ginepraio di articolate vicende tra tradimenti, figli di nessuno, minacce, fratellastri e… un matrimonio sempre in bilico, un caos da cui ne sono usciti fuori indenni meritandosi più di un “bravi” sostenuto da scroscianti applausi.

In questo crescendo slalom, indispensabile nell’evitare le numerose trappole del copione, nessuno poteva accorgersi di invisibili crepe, nemmeno noi. Come sono riusciti in quest’ardua impresa? Ad esempio, con l’irrompente ingresso di Giacomo (Adam Savoca) che ha rimesso, al tempo e ritmo giusto di recitazione, tutto in gioco con il suo doppio ruolo afferendo a un argomento  caro a Iuvara come l’omosessualità. Meritati gli applausi. O con la disinibita Anna (Roberta Arcifa) a chiarire la vicenda in maniera diretta ben rispettando il suo ruolo come da copione. 



Ma anche l’infermiera (Graziella Filocamo) ha donato un rilevante contributo con un personaggio sostenuto da… un suo linguaggio così com’è nelle sue corde da navigata comica suscitando una piacevole ilarità. E una significativa mano d’aiuto è stata data anche da un personaggio apparentemente secondario come Salomie (Graziella Sangiorgio) che ha ben puntellato, con voce stridula, il classico stereotipo della cameriera straniera di turno da maltrattare e l’ha fatto senza battere ciglio, anzi ribattendo, colpo su colpo, ad ogni insidia di deriva razzista. Importante anche il ruolo dei ladri /mafiosi “imperfetti” nel loro incedere, ma (veramente) perfetti sul palco sono stati le due losche figure (Alessandro Mazza e Carmelo Seminara). Da (sor)ridere solo a vederli così come doveva essere nella mente dell’autore.    

A seguire i personaggi chiave come Luca (Carmelo Bonanno) che ha cercato di dare corpo e anima al figlio del peccato, non è stato per nulla semplice ma alla fine… è andata. E anche Carmela (Maria Rosa Iudica) la badante, indispensabile trait d’union tra i vari personaggi che ha giocato tutte le sue carte di una lunga carriera senza sbagliarne una. L’avvocato (Mary Fichera) che ha trovato la soluzione dipanando la matassa della paternità dei tre pargoli, anche lei ha provato a mantenere l’aplomb del ruolo giocato soprattutto come chiave di volta dell’intera vicenda. 

E infine i tre personaggi su cui era strutturata l’intera vicenda come la futura sposa Elena (Rosy Arena) che, con la solita verve delle sue note performance, ha (ben) sostenuto, evitato e gestito tutti i colpi di scena che la vedevano come primo bersaglio di queste amare sorprese alimentate, inoltre, da bugie su bugie. E a seguire lui, il futuro marito, Armando (Giorgio Nicolosi), così calato nel ruolo che crediamo abbia finito per crederci davvero di esserlo in una identificazione distante mille miglia da pirandelliani, dubbiosi, “personaggi in cerca d’autore”.

Il mestiere quando c’è si vede tutto. E alla fine lei, Rachele (Maria Iuvara) un’attrice con un cognome che in questa commedia non è frutto del caso…Punta di diamante di una recitazione dove solo il cuore della sorella dell’autore poteva dettare, come un meccanismo perfetto, tempi, emozioni e…lacrime: brava, brava, davvero. Ci si rivede il 3 marzo con “Le soprese del divorzio”.