“La signora Morli, una e due” e la psicologia pirandelliana racchiusa nella scelta della protagonista

CATANIA –La signora Morli, una e due” è indubbiamente uno degli spettacoli più belli rappresentati, fino ad oggi, in quest’anno teatrale ricco di tante importanti novità e spunti di riflessione. Il testo di Pirandello, erroneamente poco rappresentato, scritto nel 1920, poco prima dei “Sei personaggi”, in una fase altamente prolifica e creativa del drammaturgo agrigentino, in scena sul palco del Brancati fino al 17 febbraio, analizza e scava l’anima della protagonista, un’impeccabile Maria Rita Sgarlato, divisa in due tra l’amore mai sopito per il brillante e appassionato marito Ferrante Morli, un eccellente Filippo Brazzaventre, che scappa lasciandola sola per questioni finanziarie con un bambino da crescere e la riconoscenza per l’uomo che l’ha salvata dal baratro allevando il piccolo Aldo ormai uomo, Daniele Bruno, come se fosse il proprio, diventando agli occhi di una società fintamente perbenista l’amante del morigerato e poco affascinante Lello Carponi, un perfetto Carlo Ferreri, da cui avrà una figlia.

Intelligente l’idea del regista Riccardo Maria Tarci di trasportare l’intera vicenda ai giorni nostri con tanto di chiamate mai ricevute dal nuovo compagno a uno smartphone spento appositamente dal figlio Aldo che cerca in qualche modo di far ritornare insieme i genitori, dopo aver conosciuto la gioia di vivere spensierata e scanzonata del padre capace di far riaccendere nella madre quella passione e quel desiderio fino ad allora sconosciuti.

Il passaggio temporale ai giorni nostri non impedisce però alla superba protagonista di subire un processo borghese ad opera delle due amiche Amelia Tuzzi, Tiziana Bellassai, e Lucia Armelli, Anna Passanisi, moglie di Giorgio Armelli, Santo Santonocito, collega di studio del pacato Lello quando si allontana da casa per raggiungere il figlio fintosi malato e riassaporare così la solarità di un’atmosfera familiare mai più vissuta al fianco dell’uomo che ha sempre amato.

Pregiudizi sociali e convenzioni borghesi vengono raccontate con estrema grazia dipingendo con accese e sicure pennellate momenti di vita che non è difficile ritrovare nel nostro quotidiano, in cui finti amici e camerieri pettegoli, come il personaggio interpretato da un brillante Gianmarco Arcadipane, si innalzano a giudici di travagli personali ed intimi come la difficile scelta tra l’amore per un uomo mai dimenticato e il rispetto per colui che l’ha supportata e da cui è nata una figlia.

Pirandello ci mette davanti ad un interrogativo fondamentale: scegliere la strada della felicità facendo soffrire chi è legato a noi o continuare a vivere un percorso fatto di doveri negandosi ogni forma di passione? Le diverse atmosfere, il differente calore umano delle due vite della signora Morli si possono anche identificare nei due ambienti in cui si svolge la scena come la casa fiorentina di Lello Carpani, fredda come il blu dell’elegante scenografia di Susanna Messina, o solare come la calda ed accogliente casa romana di Ferrante Morli, il gioco di luci abilmente realizzato da Sergio Noè, i costumi delle Sorelle Rinaldi e la voce fuori campo che regala azzeccate massime ad ogni momento topico della storia.

Il drammaturgo agrigentino in quest’opera indaga l’animo umano facendo prevalere alla fine valori eterni e immarcescibili come l’amore materno, al punto di anteporre la felicità dei figli alla propria.