Francesca Ferro: “Mi piacerebbe che ci fosse un luogo culturale permanente per ricordare mio padre”

Francesca Ferro: “Mi piacerebbe che ci fosse un luogo culturale permanente per ricordare mio padre”

CATANIA – Il 10 gennaio si festeggeranno i cento anni dalla nascita di Turi Ferro. Da anni si discute e ci si batte per onorare la memoria del più grande attore catanese apprezzato da critica e pubblico. In occasione del centenario, sindacati, attori, lavoratori dello spettacolo e gente comune hanno nuovamente chiesto a gran voce di intitolargli il teatro Stabile di Catania.

Incontriamo la figlia Francesca approfondendo come la famiglia Ferro si pone davanti a quest’ennesima iniziativa senza tralasciare alcuni ricordi personali tra padre e figlia.

Qual è la sua posizione nei confronti dell’iniziativa di intitolare lo Stabile di Catania a suo padre?

Vent’anni fa sono state raccolte oltre settemila firme per intitolare il Teatro Stabile a mio padre. Proposta che è stata rifiutata dal consiglio di amministrazione del momento, perché poteva sembrare offensivo per Verga. Questi vent’anni sono trascorsi senza grandi novità e clamori. C’è il teatro di Acireale ma a Catania manca un teatro che porti il suo nome. Mi piacerebbe che ci possa essere un luogo culturale permanente, che ricordi ai giovani il passaggio di quest’attore che è stato fondamentale per la città. Catania lo vuole omaggiare intitolandogli il teatro Stabile, forse è arrivato il momento di farlo. Stiamo a vedere cosa succederà. È chiaro che non avrò alcuna difficoltà a ricordare chi era mio padre e quello che ha dato alla città, ma non devo essere io a sottolineare la sua importanza e per tale motivo nessuno della famiglia ha chiesto spiegazioni sul perché lo Stabile non fosse dedicato a Turi Ferro. Da figlia non lo posso fare, perché una decisione del genere non mi compete ma posso accogliere di buon grado una richiesta simile“.

Se la proposta non dovesse andare a buon fine?

Se lo Stabile non potrà accogliere la volontà dei sindacati, degli attori, dei lavoratori dello spettacolo sono comunque felice nel constatare l’amore dei catanesi verso mio padre. Come famiglia non possiamo non gioire nell’accogliere tutte le proposte nate per ricordarlo“.

Cos’era Catania per Turi Ferro?

Mio padre ha amato tanto la nostra città anche se non è stato un amore sempre corrisposto. Non mi riferisco alla gente, al pubblico ma alle Istituzioni. Non voglio fare polemica, non mi interessa farlo ma credo che un luogo culturale permanente che ricordi mio padre, la sua arte e professionalità sia un regalo, un arricchimento necessario per le nuove generazioni in modo da tramandare una testimonianza reale di quello che è stato fatto soprattutto nel mondo teatrale che piano piano rischia di essere cancellato. Non bisogna mai restare ancorati al passato, è vero, ma è necessario avere il rispetto di cosa siamo stati per costruire il futuro“.

Turi Ferro era ed è sicuramente l’attore più rappresentativo della Sicilia in Italia. Non ha mai abbandonato la sua terra né rinnegato le sue origini …

Mio padre era conteso dal Piccolo di Milano, dallo Stabile di Genova, dal Teatro di Roma ma non ha mai voluto abbandonare del tutto la sua Catania. La sua idea che poi è diventata il suo modus vivendi era partire dalla sua terra senza mai dimenticare le sue radici ed è quello che ha trasmesso a noi figli“.

Che tipo di papà era?

A casa era molto affettuoso, dolce. Amava coccolarmi. Sono stata trattata sempre con i guanti di velluto. Ricordo pochissimi rimproveri da parte sua. A teatro era molto esigente ma non litigava mai con gli attori“.

Cos’era per Turi Ferro il teatro?

Lo spettacolo, per lui, era come un concerto e se c’era una battuta che non andava bene anche la più stupida l’intero lavoro si bloccava fin quando tutto non diventava armonicamente perfetto al costo di provare senza sosta. Mi ricordo mattine e pomeriggi trascorsi a studiare senza sosta. I copioni erano dei campi di battaglia. Per lui non esisteva la stanchezza, poteva provare tutta la notte senza sosta, cosa che si aspettava anche dagli altri. Il teatro non era un lavoro, ma una passione senza limiti. Mia madre diceva che l’unica cosa di cui si sentiva realmente tradita da suo marito era il teatro, per il quale avrebbe dimenticato tutto“.

Era scaramantico?

Molto. Io non potevo indossare nulla di viola, lilla o blu. Aveva delle sue manie anche se prima di entrare in scena non faceva nessun gesto scaramantico. In camerino aveva delle foto a cui teneva particolarmente e piccoli oggetti a lui familiari come un piccolo cuore rosso che gli avevo cucito da piccola“.

Quanto è pesato il cognome Ferro nella sua vita?

Da adolescente non è stato semplice essere identificata quasi sempre come la figlia di Turi Ferro. Da adulta ho compreso l’importanza di essere sua figlia. Non sono mai stata in nessun modo avvantaggiata da lui o raccomandata, anche perché conoscendolo era assolutamente impensabile solo l’idea“.

Ha qualche rimpianto, qualcosa che non è riuscita a fare con lui?

È morto subito dopo il mio diploma e non abbiamo mai avuto, purtroppo, modo di recitare insieme. Sono orgogliosa di avere avuto un padre così con il quale non mi voglio né misurare né paragonare perché non avrebbe senso e sarebbe come perdere in partenza“.

Francesca Ferro come vede l’attuale futuro del teatro?

Sono un’ottimista e credo che dopo questa guerra che stiamo vivendo ci sarà una rinascita. Proprio come nel dopoguerra ricostruiremo il teatro magari con nuove forme e nuove spinte. Le persone hanno voglia di nutrirsi di bellezza e gli attori dopo questo fermo forzato avranno voglia di esprimersi al massimo. Aspettiamo la primavera nella speranza che si possa ritornare alla normalità“.