CATANIA – Immaginate le luci soffuse, il sipario pronto ad aprirsi, gli occhi del pubblico puntati sul palco. Gli sguardi impazienti, le mani sul punto di applaudire, la voce pronta a essere sacrificata per cantare a squarciagola i propri brani preferiti. Un sacrificio necessario per il pubblico di Michele Bravi, disposto a tutto pur di un paio di ore di pura emozione.
Un’atmosfera magica quella di ieri sera al Metropolitan di Catania, che ha fatto da sfondo alle lacrime, ai sorrisi e alle incontenibili risate suscitate da un Michele impeccabile.
Un ingresso singolare quello del 29enne, che ha scelto di affidare gli istanti prima della sua entrata alle voci registrate di grandissimi poeti italiani. Partendo da Ungaretti, passando da Alda Merini e arrivando a Caproni, il giovane artista umbro ha dato inizio a quello che di lì a breve si sarebbe rivelato tutt’altro che un semplice e comune concerto. Non uno degli eventi già visti e rivisti, ma un mix perfetto di musica, temi tanto profondi quanto attuali, e un’abbondante dose di ironia e umorismo, di cui a un certo punto nessuno avrebbe più voluto fare a meno.
La scelta di dare voce, prima ancora di far sentire la sua, a veri e propri “colossi” della letteratura italiana è stata tutt’altro che casuale. Una decisione volta a far capire, fin dai primi istanti di spettacolo, uno dei temi cruciali su cui il cantautore si sarebbe soffermato. Dopo aver spiegato il ruolo che la poesia ha sempre ricoperto nella sua vita, ha espresso il suo punto di vista in merito a quella che indubbiamente considera una delle più nobili delle arti. Se in passato era convinto che la poesia cambiasse il mondo, nel corso degli anni ha attribuito alla stessa un significato ancora più profondo: “La poesia non cambia il mondo, la poesia cambia il modo in cui le persone vedono il mondo. Il modo in cui le persone ci vivono nel mondo, il modo in cui lo rispettano, lo amano e lo odiano”.
“Questo spettacolo – ha aggiunto – è dedicato a tutti i poeti in sala che si sono dimenticati di essere dei poeti. Ognuno ha la propria poesia interiore e la può esprimere come vuole“.
Sempre restando in tema con la poesia, Michele Bravi ha fatto riferimento alla pericolosità di certi rapporti che spesso tendono a logorare dentro chi, non riuscendo a tirarsi indietro, continua ad alimentarli nell’illusione che le cose possano cambiare. “In poesia – ha dichiarato – esistono le figure retoriche: c’è la similitudine, c’è la metafora… e c’è l’ossimoro. L’ossimoro è una delle mie preferite. Un esempio di ossimoro per me è la definizione ‘amore tossico‘: se è tossico, non può essere amore. Mai.” Poche parole, concise, ma chiare e inequivocabili. Un urlo di ribellione e, allo stesso tempo, un inno alla speranza rivolto a chi ha la sfortuna di rispecchiarsi nella tipologia di relazione descritta dall’artista umbro in “Ti odio“, il brano che, attraverso questa premessa, il giovane ha voluto introdurre e contestualizzare.
Proseguendo sulla scia “sentimentale”, Michele Bravi ha continuato spiegando che la relazione deve essere un valore aggiunto: “Una cosa è certa. La persona che ti sta a fianco non ti può mai togliere pezzettini di vita. Stare insieme è come arredare una casa: quando tu accogli qualcuno nella tua vita quel qualcuno ti deve aiutare a comprare i cuscini nuovi, le tende nuove, i tappeti nuovi, aggiungere magari una finestra. Non ti può rubare l’arredamento da casa perché poi non hai più un tavolo dove mangiare, non hai più un divano dove sederti, non hai più un letto dove dormire. La persona che avete a fianco deve aggiungere vita alla vostra vita e mai il contrario“.
Se è vero che la poesia cambia il modo delle persone di vedere il mondo, gli spettacoli di Michele Bravi non sono da meno. Un’esperienza in grado di abbattere barriere, spalancare porte e aprire nuovi orizzonti. Luoghi inesplorati perché da tempo messi da parte e dimenticati.
“Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi“, titolo dell’ultimo album del cantautore e anche del tour in corso in varie città italiane, rappresenta dunque un invito a guardarsi dentro, a fermarsi di tanto in tanto per riscoprire se stessi. Imparare a convivere con il proprio poeta interiore. Perché in fondo, come ha precisato lo stesso Michele, non serve mettere le parole in rima su un foglio per essere tali. È sufficiente chiudere gli occhi, immaginare di essere dinnanzi a un sipario dietro cui si nasconde una platea affollata. Fare un respiro profondo e capire che è giunto il proprio momento… È ora di andare in scena.
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