CATANIA – Tentare di spiegare la Sicilia ai siciliani e agli italiani non è facile, figuriamoci comprenderla nella sua essenza e veridicità per questo è più semplice spiegarla agli eschimesi, popolo lontano dalla nostra mentalità non contaminato dalla “sicilitudine” e dagli innumerevoli luoghi comuni che affollano la nostra terra. Questo il senso della coraggiosa, diretta e ironica piéce “La Sicilia spiegata agli eschimesi” tratta dal libro di Ottavio Cappellani che, sul palco di un affollato teatro Abc, con l’inconfondibile sound di Mario Venuti e la partecipazione straordinaria per la prima volta sulla scena di Guglielmo Ferro e gli attori Francesca Ferro, Plinio Milazzo e Francesco Maria Attardi inaugura la terza stagione di Teatro Mobile di Catania diretto e ideato da Francesca Ferro.
Una divertente stand up comedy che senza filtri, in perfetto stile Cappellani con la complicità di un inedito Guglielmo Ferro, prende in giro, demolisce e, a volte, satiricamente distrugge facendo nomi e cognomi ben definiti senza dare al divertito e compiacente pubblico la possibilità di poter indovinare a chi possa essere riferito quel commento con tanto di immagini di riferimento che non lasciano spazio alla fantasia.
Ottima la descrizione della festa di Sant’Agata in cui tra sacro e profano, amore religioso e folklore attraverso l’elegante interpretazione di Francesca Ferro ha messo in luce come la città durante le festività agatine diventi un vero baccanale pagano tra l’imbrattamento di ceri votivi e l’odore di carne di cavallo che inonda tutto il percorso della Santa. Straordinario e talentuoso Plinio Milazzo che indossando i panni di Goethe durante il suo gran tour nella nostra terra dialoga con Cappellani, il quale lo sbeffeggia e lo canzona dimostrando che anche lo studioso non ha capito nulla della nostra terra.
Uno spettacolo vincente che accompagna lo spettatore in un viaggio dinamico e divertente in cui si cerca di abbattere i tanti pregiudizi che avvolgono la Sicilia e i suoi abitanti per una festa della parola che inneggia alla vera bellezza della nostra isola troppo spesso relegata ai cliché che ci hanno costruito addosso e dove, a volte, ci siamo adagiati.