Al Brancati Miko Magistro trionfa con “Il Gallo” tra onorabilità perduta e fanatismo sessuale

Al Brancati Miko Magistro trionfa con “Il Gallo” tra onorabilità perduta e fanatismo sessuale

CATANIA – La Catania fascista, orgogliosa della sua virilità e dei suoi valori borghesi dove la vanità maschile legata agli stereotipi sessuali diventa specchio sociale di un vuoto profondo di valori morali viene raccontata attraverso le pagine di brancatiana memoria del “Bell’Antonio” nella riduzione de “Il Gallo” di Tullio Kezic, in scena fino al sei maggio al teatro Brancati di Catania.

Il rapporto con l’eros considerato come qualcosa di cui vantarsi e da trasmettere come valore assoluto ai propri figli, i quali devono tutelare l’onorabilità sessuale della famiglia, sotto la sapiente regia di Federico Magnano San Lio, vede abbattere il sottile muro tra vita pubblica e privata fino a diventare argomento di scherno, emarginazione e disonore in una società estremamente chiusa e conservatrice.

Padrone e signore indiscusso della scena Miko Magistro volto e voce di Alfio Magnano padre ferito nell’onore dall’impotenza sessuale di quel figlio tanto amato, invidiato ed osannato per la sua bellezza fisica ritenuto da tutte le donne sposate, signorine, prostitute e suore un focoso ed appassionato amante che al solo passaggio suscita desideri e pulsioni incontrollabili.

Tutta l’azione drammaturgica si muove attorno alla figura di un intenso e straordinario Miko Magistro che dopo la vergogna dell’annullamento del matrimonio dell’unico figlio maschio, un eccellente Massimo Giustolisi, dalla sacra rota per mancata consumazione con la giovane ed ancora illibata Barbara Puglisi, una convincente Eleonora Sicurella, figlia del notaio Puglisi, il sempre bravo Riccardo Maria Tarci, cercherà di riacquistare quell’onore perduto, nel modo più infimo per un uomo esempio del gallismo più puro, morendo sotto le bombe della seconda guerra mondiale tra le braccia della procace prostituta Mariuccia, interpretata da Giada Caponetti.

Pregevole l’interpretazione di Olivia Spigarelli nel ruolo di Rosaria Magnano, madre e moglie coraggiosa che, in un elegante scena mobile curata da Riccardo Perricone con le musiche di Germano Mazzocchetti, ha saputo rendere vivo il dolore di una madre combattuta tra la delicatezza interiore del figlio incapace di amare sessualmente la donna amata e gli eccessi maschilisti del marito anche quando in preda alla sconfitta di un figlio impotente confessa all’obbediente e devota moglie i numerosi tradimenti e i tanti figli sparsi in giro per Catania.

Strepitosa Irene Tetto che nel ruolo della zitella Elena Ardizzone innamorata da sempre del bell’Antonio dona alla messa in scena uno sprint in più tra il comico e il drammatico come quando confessa stizzita al gallo Magnano che la nuora sta per sposarsi con il duca di Bronte. Grande emozione per la scena finale di questo dramma sociale censurato spesso dal controllo dei ben pensanti che per la prima volta pone l’attenzione sul tabù dell’impotenza maschile in cui il mito della mascolinità catanese viene recuperato attraverso l’onorabilità di una morte degna di un vero uomo che sa far godere una donna come solo il gallo Alfio Magnano sa fare.

Completano il cast Carlo Ferreri nel ruolo di Padre Raffaele che di fronte all’evidenza dei fatti si scontra con i genitori di Antonio nascondendosi dietro dogmi e fede cristiana, Raffaella Bella la madre della giovane Barbara Puglisi che tenta di circuire il genero cercando di salvarlo dalla sua impotenza e Camillo Mascolino nelle vesti dell’avvocato fascista Carlo Ardizzone.