CATANIA – “Non scegliere L-20: non vorrai mica laurearti in Scienze delle Merendine?“. È una delle frasi che i giovani quasi neo-diplomati avranno sentito al momento di scegliere la loro carriera universitaria. Una buona percentuale di studenti italiani, infatti, si trova a fare i conti con dubbi e indecisioni riguardo al proprio futuro accademico, e chi ha optato per l’ambito umanistico spesso si ritrova a scorrere tra i corsi di laurea disponibili, inclusa la tanto discussa Scienze della Comunicazione.
Questo percorso, contrariamente a quanto si possa pensare, non tratta della storia delle merendine, ma offre strumenti essenziali per interpretare e gestire l’informazione nel mondo contemporaneo.
Ma perché, allora, è un corso di laurea così pregiudicato? Lo vediamo insieme attraverso una analisi.
Come vi anticipavamo, la facoltà di Scienze della Comunicazione viene spesso “etichettata” come una laurea di scarso valore pratico, considerata “inutile” rispetto a percorsi tecnici o scientifici. Il pregiudizio si basa sull’idea che le professioni legate alla comunicazione siano facili da apprendere senza formazione universitaria.
Tuttavia, l’ambito comunicativo è estremamente complesso e richiede conoscenze interdisciplinari: si passa dalla sociologia alla psicologia, dalla semiotica all’economia; tutto questo per formare una comprensione approfondita del linguaggio mediatico.
Il corso non si limita a un approccio teorico, ma comprende anche insegnamenti pratici utili per lavorare in diversi settori.
Gli studenti approfondiscono la sociologia dei media, l’analisi del linguaggio, il marketing, le tecniche di comunicazione digitale e la gestione delle relazioni pubbliche. Una preparazione che mira a sviluppare capacità critiche e operative per interpretare e produrre contenuti informativi e persuasivi efficaci.
Inoltre, molti corsi includono laboratori pratici, stage e tirocini in aziende, redazioni giornalistiche o agenzie pubblicitarie, per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro.
Uno degli aspetti che pesa sul corso di Scienze della Comunicazione è il rapporto tra numero di laureati e mercato del lavoro. Per emergere, è fondamentale che gli studenti sviluppino competenze tecniche specifiche e approfondiscano settori di nicchia.
Un percorso di studi mirato, accompagnato magari da una specializzazione o un master in digital marketing, data analysis o comunicazione istituzionale, può essere la chiave per trasformare le conoscenze teoriche in competenze spendibili.
Ai microfoni di Newsicilia, alcuni studenti di “Scienze e lingue per la comunicazione” dell’Università di Catania hanno espresso il loro punto di vista, rispondendo a chi definisce il loro corso di laurea come precedentemente descritto.
Alla fine dei conti, Scienze della Comunicazione non è così tanto un percorso “leggero” o “inutile”, come i luoghi comuni spesso suggeriscono, ma è una facoltà che risponde a una società sempre più mediatica e interconnessa. Dunque, niente “Laurea in Scienze delle Merendine“.
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