CATANIA – Anche quest’anno non poteva mancare al Carlo Gemmellaro l’incontro dedicato al tema “violenza di genere e femminicidio”.
La dirigente scolastica Concetta Valeria Aranzulla con la collaborazione della dottoressa Enza Bifera presidente dell’associazione nazionale antimafia Alfredo Agosta e del sostituto procuratore della direzione distrettuale di Catania dottoressa Susanna Musella ha coinvolto gli alunni delle classi seconde e quinte dell’istituto in un incontro sulla piattaforma meet per promuovere tra i giovani studenti una riflessione su un tema di grande attualità al fine di promuovere azioni di prevenzione e di stimolo alla costruzione di una cultura della non violenza, a partire proprio dalla scuola in quanto istituzione che maggiormente concorre alla trasmissione culturale e valoriale.
I lavori sono stati aperti dalla dottoressa Enza Bifera che ha voluto subito precisare che con l’espressione “violenza di genere” si indicano tutte quelle forme di violenza maschile – psicologica, fisica, sessuale ed economica – che colpiscono le donne, in ambito familiare o lavorativo, costituendo non solo una discriminazione ma anche, e soprattutto, una violazione dei diritti umani .
“Il femminicidio – ha precisato – non è solo un omicidio, il femminicidio racconta una storia, la sopraffazione di un uomo nei confronti di una donna. È la storia di una morte preannunciata epilogo di una relazione tossica che vede protagonista un uomo con un profilo di sopraffazione che considera la donna un prolungamento del suo ego. La biografia della violenza si compone di tre fasi: la fase della tensione, la fase della manifestazione della violenza, la fase della la luna di miele ovvero il momento del pentimento a cui seguirà se la donna perdona un secondo ciclo di violenza ancora più violento. Il partner – prosegue la dottore Bifera – non si mostra subito violento, ma i suoi comportamenti degenerano sempre più nel tempo se la donna lo lascia fare scambiando la gelosia per una dimostrazione di amore. La relazione non è luogo di terapia . Dobbiamo subito capire e decodificare i messaggi di squalifica e ‘fuggire’ da una relazione malata che minaccia la nostra identità di donna oltre alla nostra incolumità fisica“.
In conclusione del suo intervento, la dottoressa Bifera, ha insistito sulla necessità di tenere sempre alta l’attenzione e di non aver paura di denunciare perché oggi è più semplice di quanto si possa immaginare in quanto sono stati fatti negli ultimi anni passi significativi dal punto di vista legislativo.
Il dibattito che è seguito ha visto il coinvolgimento di parecchi alunni, alle cui domande ha risposto la dottoressa Susanna Musella sottolineando come il cambiamento parte da ognuno di noi e che si tratta di situazioni che si collegano a disagi psicologici ma che tuttavia si intrecciano a retaggi culturali che collocano la donna in uno stato di sudditanza rispetto all’uomo.
“La nostra subcultura è fitta di stereotipi di genere – ha aggiunto la dirigente Valeria Aranzulla a conclusione dei lavori – come se non fosse normale che la donna abbia gli stessi diritti dell’uomo. Bisogna oggi più che mai fare in modo che la donna riscatti la sua immagine e che si emancipi. Il primo marito per una donna deve essere il lavoro solo così potrà affermare la sua identità. Fate tesoro ragazzi dell’opportunità che la scuola vi da e soprattutto ascoltate gli adulti che sanno consigliarvi”.
Infine compiacendosi con tutti i presenti per i momenti di condivisione di alto valore ha rivolto parole di ringraziamento e di apprezzamento ai relatori per gli elevati e preziosi significativi contributi di pensiero forniti.
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