CATANIA – Un vero momento formativo, reso ancor più coinvolgente per gli studenti dalla presenza di Francesca Andreozzi, nipote di Giuseppe Fava, l’incontro di giovedì 10 marzo all’Istituto “Gemmellaro” di Catania sul tema “La libertà di espressione e la parola come mezzo di contrasto all’illegalità ed alle mafie”, organizzato dal Dipartimento di Educazione Civica in collaborazione con Libera Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie.
L’iniziativa, fortemente voluta dalla Dirigente Scolastica, Professoressa Concetta Valeria Aranzulla, e dalle professoresse Chiara Sciuto e Santa Nicotra, rientra nel percorso di cittadinanza attiva intrapreso dagli studenti delle classi V che si concluderà il 21 marzo nella XXVII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Ricordando coloro che hanno combattuto la criminalità organizzata con “l’arma della parola”, gli studenti, supervisionati dai Docenti di Lettere, hanno approfondito le storie di alcuni tra i tanti giornalisti vittime di mafia (e non solo): Mario Francese, Giovanni Spampinato, Daphne Caruana Galizia, Giuseppe Alfano, Mauro De Mauro, Paolo Borrometi, Giancarlo Siani, Peppino Impastato, ed ovviamente Giuseppe Fava.
In presenza di Rosy Marcantonio (Presidio Universitario di Libera) e Francesca Andreozzi (Presidente della Fondazione Giuseppe Fava), il 10 marzo ogni classe ha presentato il proprio lavoro (video e PPT), realizzato con grande impegno e motivazione.
Introducendo l’incontro, la professoressa Nicotra ha sottolineato quanto sia importante, oggi come in passato, parlarne, poiché il tema delle “parole fastidiose alla mafia e non solo alla mafia” è purtroppo ancora attuale. Nel ricordare il giorno dell’uccisione del fondatore de I Siciliani per mano di Cosa Nostra, ha invitato gli studenti a non considerare le vittime di mafia eroi da venerare ma uomini che hanno creduto fino in fondo in una società onesta, libera e giusta.
Subito dopo le due relatrici hanno dato vita ad un appassionato ed appassionante dialogo con la giovane platea del “Gemmellaro”. Dopo una breve presentazione di Libera, Rosy Marcantonio, del Presidio Universitario, ha commentato i lavori dei ragazzi facendo riferimento all’articolo 21 della Costituzione ed affermando che “la PAROLA può aiutare a cambiare convinzioni radicate“. Si è poi soffermata sull’importanza dell’impegno di ciascuno di noi nella lotta all’illegalità ed ha sottolineato che alla società civile non si chiede di processare un mafioso ma di vivere ogni giorno in modo giusto ed onesto, con autonomia di pensiero e di scelta. Apprezzando il percorso effettuato da ciascuna classe e rivolgendosi direttamente ai ragazzi, ha affermato: “A voi giovani si chiede esattamente quello che avete fatto in queste settimane: studiare le storie di questi uomini per conoscerle” ed ha concluso con l’augurio che qualcosa di tutto ciò resti in ciascuno di loro.
Francesca Andreozzi, scegliendo di intervenire dopo aver ascoltato gli studenti, li ha ringraziati, mostrando apprezzamento per la modalità partecipata, e non meramente commemorativa, delle attività dell’Istituto. Tante le suggestioni sociali, civili ed emotive del suo intervento. A partire dall’invitare i giovani a stare sempre con la schiena dritta, qualunque siano le scelte personali e lavorative che faranno. Proseguendo con una amara riflessione su come spesso le Istituzioni (come è successo per l’omicidio di Giuseppe Fava) abbandonino vittime e familiari, permettendo una vile azione di screditamento per poi dare spazio alle aride passerelle commemorative.
È Importante, secondo la Presidente della Fondazione Fava, superare la dimensione emotiva e trasformare la rabbia in impegno costante. “Accanto ad 1 giorno di memoria, ne servono 364 di impegno”. Infine, ha suggerito ai ragazzi, affascinati dalle sue parole e visibilmente commossi, di “schierarsi, di scegliere da che parte stare ma, prima ancora, di capire quali sono le parti e cosa vogliono”.
Molte le domande, sulla paura dopo il 5 gennaio 1984; sul destino dei giovani collaboratori de I Siciliani con cui il giornalista aveva un bellissimo rapporto; su come può una donna essere moglie di un mafioso; su cosa spinge una persona a rivolgersi alla mafia; su come capire, mettendo in pratica il suggerimento delle “giuste azioni quotidiane”, se il bar in cui compriamo l’arancino è colluso con la mafia. Quesiti che testimoniano quanto il tema della legalità e dell’antimafia sia molto sentito tra i giovani. Nel rispondere alle domande le due relatrici hanno ringraziato la scuola tutta e i docenti per l’impegno educativo nello stimolare i giovani ad avere un spirito critico e si sono prestate ad un momento di allegria con foto di gruppo, senza tralasciare un ultimo consiglio da dare ai giovani cittadini del “Gemmellaro”: “Ricordate: una scelta, per quanto difficile, ce l’abbiamo sempre”.