CATANIA – Martedì 21 ottobre, il magistrato Sebastiano Ardita ha partecipato ad un incontro con alcune classi del Liceo Scientifico Enrico Boggio Lera. L’incontro, guidato dalla prof.ssa A. Stanganelli, è stato ricco di spunti di riflessione, ha toccato temi fondamentali quali la lotta alla mafia, l’indipendenza della magistratura, la legalità, le carceri ma anche episodi privati che hanno segnato la vita del procuratore.
Il liceo “Boggio Lera”, grazie alla disponibilità della dirigente prof.ssa Valeria Pappalardo ed alla sensibilità dei docenti, si distingue ancora una volta per le iniziative rivolte alla sensibilizzazione sulle tematiche di tipo politico-sociale e giuridico.
Sebastiano Ardita: la voce indipendente della giustizia italiana
Ardita ha raccontato cosa significa davvero essere un magistrato: non solo applicare la legge, ma anche scoprire i fatti che riguardano la società, capire dove si nasconde l’ingiustizia e scegliere i reati più gravi su cui indagare. Non sempre è facile, ha spiegato, perché spesso “fare la cosa più scomoda per noi è la cosa giusta da fare”. Una frase che ha colpito tutti, perché invita a non scegliere la strada più comoda, ma quella più corretta.
Uno dei punti centrali del suo intervento è stato il tema dell’indipendenza della magistratura, che oggi — ha avvertito — rischia di diventare “dipendente dal sistema”, perdendo la propria funzione di garanzia e di controllo del potere. Ardita ha messo in guardia dal pericolo di una magistratura troppo vicina alla politica: “Un pubblico ministero non indipendente diventerebbe come un politico: tante parole e promesse, ma pochi fatti”.
Ampio spazio è stato dedicato anche alla cultura mafiosa, una piaga che, secondo Ardita, “è radicata e normalizzata nella società catanese”. Ha ricordato che “un mafioso è un vigliacco egoista”, poiché sceglie la strada della violenza e del privilegio personale, calpestando la libertà e la dignità degli altri. “La mafia non può e non deve sostituirsi allo Stato” — ha ribadito — invitando i giovani a non rassegnarsi all’illegalità diffusa ma a reagire con consapevolezza e impegno civile.
Infine, il magistrato ha affrontato il tema della gestione delle carceri e del regime del 41 bis, spiegando che la limitazione delle comunicazioni tra i boss mafiosi e l’esterno è una misura necessaria per impedire che le organizzazioni criminali continuino a operare anche all’interno delle prigioni, ma non sempre si riesce ad impedirglielo.
L’incontro è stato un momento di confronto autentico, capace di trasmettere il valore della legalità non come semplice regola, ma come scelta quotidiana di libertà e responsabilità.



