CATANIA – I cunti siciliani, i canti popolari della nostra tradizione, sono stati protagonisti oggi – mercoledì 29 novembre – all’I.C.S. “Italo Calvino” di Catania, l’Istituto del Preside Prof. Salvatore Impellizzeri. Una mattinata emozionante e coinvolgente, carica di cultura della memoria, per tutti gli studenti che con la compagnia “Fabula sicula” si sono addentrati nella bellezza antica e sempre musicale della nostra lingua siciliana, ritenuta patrimonio dell’Unesco perché la riconosce come lingua regionale.
Il percorso preparato dalla compagnia guidata da Gianni De Luca, con la presenza dei Fratelli Napoli con i loro “pupi siciliani”, e il cantautore Gregorio Lui, inizia dalla leggenda di Colapesce come colui che si dona agli altri, fino all’ultimo respiro, nella versione catanese, con un racconto animato da un Colapesce visivamente rappresentato da un “pupo” in movimento e la sua mamma, con i dialoghi carichi di enfasi e di significato, attraverso cui si snoda la storia.
Si approda poi alla vicenda di femminicidio del 1563, quella della Baronessa di Carini che rappresenta una sorta di letteratura “epica” siciliana, con la storia della baronessa Laura Lanza interpretata dalla voce di Agata Longo e, dalla riproduzione della “pupa” dei fratelli Napoli, ma anche sullo sfondo, da una performance del corpo di ballo, accompagnato dalla canzone “Mi votu e mi rivotu”, antica canzone del 1882 di Francesco Paolo Frontini, ma conosciuta dal pubblico grazie a Rosa Balistreri.
Poi è la volta di dialoghi semi-seri fra la morte e un ricco padrone, seguiti dai “Mottetti”, una sorta di stornelli popolari in rima che celebrano la lingua siciliana e testimoniano un mondo semplice di passatempi che coinvolgeva i giovani e i bambini che si riunivano a giocare nei cortili e usavano la lingua musicale per veicolare pensieri leggeri, ironici e divertenti, al pari dei menestrelli, cantastorie e trovatori francesi.
I due pezzi finali di narrazione coinvolgono le corde del cuore perché parlano del dolore della guerra e della morte di Peppino Impastato, il simbolo per i giovani della lotta alla mafia. La guerra fratricida nella lettera strappalacrime ad “una mamma tedesca”, del poeta e scrittore Ignazio Buttitta ci fa comprendere come la guerra che, oggi come allora insanguina e distrugge le strade del mondo, sia da ripudiare, e che il dolore di una madre che perde un figlio, è il dolore di tutta l’umanità. Infine si conclude con il monologo di Salvo Vitale, amico di Peppino Impastato che lancia, dai microfoni di Radio Aut, un grido di dolore che commuove.
Nelle sue parole c’è la condanna, attuale e viva ancora oggi, dell’omertà. Egli ha invitato tutti compiere tutti il proprio dovere di cittadini per respingere la mafia e il suo comportamento, perché se ognuno facesse il proprio dovere non ci sarebbe bisogno di Eroi da seppellire e celebrare. È stata un’occasione preziosa per riscoprire e rivalutare l’importanza e il prestigio della nostra lingua siciliana, insieme alla memoria storica delle nostre origini, con messaggi educativi e di speranza per tutti gli studenti e i docenti.
Articolo scritto con la collaborazione della Prof.ssa D’Amico Patrizia
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