“Conoscere e ricordare per non dimenticare”, l’I.C.S. “Italo Calvino” di Catania si prepara alla Giornata della Memoria

“Conoscere e ricordare per non dimenticare”, l’I.C.S. “Italo Calvino” di Catania si prepara alla Giornata della Memoria

CATANIA –Conoscere e ricordare per non dimenticare” è il monito che gli alunni della scuola “Italo Calvino” di Catania, che insieme al loro Preside Salvatore Impellizzeri, hanno ascoltato il 24 gennaio al Teatro Metropolitan in preparazione alla “Giornata della Memoria” – ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 2000 -, nel ricordo del genocidio degli ebrei.

Diretto dalla compagnia “Colata lavica” che ha portato in scena il musicalL’Urlo del silenzio”, gli alunni e i docenti, hanno vissuto un alto e intenso momento di riflessione. Come ogni anno, la scuola “Calvino” dedica un’attività per tenere desta la memoria e i fatti di una delle più orribili pagine della nostra storia.

Rappresentare attraverso un musical il dramma più grande nella storia dell’umanità, quale il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, proprio in questi giorni caratterizzati dalla guerra fra Israele e Palestina, è un’impresa assai ardua. Talvolta si rischia di “banalizzare” il male, di inflazionarlo e renderlo “vuota celebrazione” e puro esercizio formale, retorico e inutile. Invece quello a cui abbiamo assistito con la scuola, è riuscito ad entrare dentro il dolore provocato dalla violenza dell’uomo, scavarlo e riportare la speranza nel cuore.

Il Musical, “L’Urlo del silenzio” di “Colata lavica”, messo in scena da un cast d’eccellenza di attori, cantanti e ballerini, con la regia di Lilia Romeo, le coreografie di Antonio Lombardo e sotto la direzione artistica di Michele Anello, è rimasto impresso nel cuore e nella mente di ogni studente per la qualità dei testi, delle scene , delle musiche e la bravura degli attori.

 

Parlare di Shoah vuol dire soprattutto raccontare memorie, tenerle in vita, non dimenticarle mai, ma nello stesso tempo significa anche riconoscere i semi della “banalità del male” che non devono insediarsi nel cuore dell’uomo ed essere alimentati. Non è un caso che la Giornata della Memoria, che ricorre ogni anno il 27 gennaio, abbia come cuore pulsante proprio il ricordo di chi ha vissuto l’orrore dell’Olocausto, in una serie di testimonianze che servono a raccontare alle generazioni più giovani cosa ha rappresentato la Shoah per il nostro secolo e quale macchia indelebile abbia lasciato sui posteri.

Non è per niente facile saper raccontare l’orrore perché ci ripugni e provochi indignazione, ma nello stesso tempo non annienti il cuore dei piccoli studenti e non devasti la speranza di ogni giovane, e “L’Urlo del silenzio” c’è riuscito brillantemente. Questo è stato il delicato e fondamentale compito della Compagnia “Colata Lavica” che ha cercato di spiegare e rappresentare, in parole comprensibili, a tratti delicati, ma anche con immagini evocative molto forti e musiche emozionanti, la morte di milioni di ebrei nei campi di concentramento, soprattutto di bambini. Il musical ha avuto il dono di saper parlare ai ragazzi con un racconto ad occhi aperti che ha reso attuale questa pagina storica, in una continua riflessione sui giorni nostri, caratterizzati da migliaia di guerre fratricide.

“L’Urlo del silenzio” ha rappresentato un vero e proprio viaggio nella storia che, nella finzione scenica, ha sconvolto la vita di un gruppo di giovani attori, che ignari di cosa fosse la Shoah, sono stati catapultati, come con una macchina del tempo, in un campo dì concentramento, e prima ancora dove partiva il treno con il binario 21 , ossia il luogo da cui partirono le deportazioni naziste in Italia, verso i campi di concentramento.

Da questo luogo che è diventato un memoriale visitabile, all’interno della Stazione Centrale di Milano, si snodano diversi personaggi , in primis una mamma ebrea che cerca il proprio piccolo, rappresentando il dramma di tutte le mamme che anche oggi perdono i loro figli in guerra. Il pugno nello stomaco arriva dritto, quando in una scena, tutte le mamme delle guerre piangono i loro figli uccisi, in un urlo disperato e sovrumano, preceduto dalla brillante interpretazione di Beatrice Anello, di “Scarpette Rosse“, di Joyce Lussu, che riportano visivamente una ”scarpa numero ventiquattro per l’eternità perché i piedini dei bambini morti non crescono…perché i piedini dei bambini morti non consumano le suole“.

Scene e immagini storiche sullo sfondo delle proiezioni, ci hanno condotto per mano perfino nel campo di Terezin, il campo di concentramento e non di sterminio, dove comunque morirono molti ebrei, soprattutto bambini e che fu protagonista di un grande inganno, in quanto faceva parte di un programma di propaganda nazista. Infatti proprio la propaganda nazista esibiva Terezín come un insediamento modello in cui gli ebrei potevano trascorrere serenamente la propria vita, ma la realtà era tragicamente diversa.

La visione dei disegni dei bambini vissuti a Terezin, con i loro versi struggenti ci riportano ancora alle assurdità delle guerre dei nostri giorni, per quali siamo impotenti, e diventano condizione universale: “È più di un anno che vivo al ghetto nella nera città di Terezin e quando penso alla mia casa so bene di che si tratta. O mia piccola casa, mia casetta, perché m’hanno strappato da te, perché m’hanno portato nella desolazione, nell’abisso di un nulla senza ritorno?…”.

Il messaggio di speranza arriva attraverso due figure: Anna Frank e Irena Sendler. Anna Frank con la sua scrittura ha consentito di mantenere vivi i suoi sogni e di ricostruire i fatti storici. Invece l’infermiera e assistente sociale polacca, Irene Sendler collaborò con la Resistenza nella Polonia occupata durante la Seconda guerra mondiale e che salvò , insieme con una ventina di altri membri della Resistenza polacca, circa 2.500 bambini ebrei, facendoli uscire di nascosto dal ghetto di Varsavia, fornendo falsi documenti e trovando rifugi in case al di fuori del ghetto, rappresentando un grande esempio di disobbedienza civile alle leggi ritenute ingiuste.

Lo spettacolo si conclude con l’interpretazione di Giusy Pischedda della canzone di Fiorella Mannoia “Che sia benedetta” che è un inno alla vita, soprattutto alla forza e alla determinazione, che consentono agli uomini e alle donne di superare le difficoltà della vita e a trovare la forza per non smettere mai di sognare e costruire, anche dopo la distruzione di una guerra.

E infine ancora il messaggio di speranza di Lilia Romeo per il dono della vita, con l’invito a “guardare le stelle nel cielo …l’immensità del mare… gli occhi di un amico, di una mamma”… e scoprire la consapevolezza di “esserci” al mondo, quasi a ricordarci i bellissimi versi di Walt Whitman “Che tu sei qui – che la vita esiste… che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuire con un verso”.

Per scuola I.C.S. “Calvino”, che crede ancora nella forza dei sogni e lavora perché i propri studenti formino una coscienza critica e di cittadinanza attiva, queste esperienze formative sono fondamentali esperienze di vita che restano indelebili nei loro ricordi e spingono ad un impegno di Pace e giustizia quotidiano.

Articolo redatto in collaborazione con la prof.ssa Patrizia D’Amico