100 alberi per Catania: l’istituto Vespucci-Capuana-Pirandello”, Legambiente e Libera ricordano le vittime di mafia

CATANIA – Mercoledì 7 marzo, dalle ore 10,30, nel tratto iniziale di via Plebiscito sono stati piantumati quindici alberi. L’iniziativa è stata promossa da
Legambiente nell’ambito del progetto “100 alberi per Catania”, che ha coinvolto nella piantumazione gli alunni delle classi 1^B, 3^B e 3^C  dell’I.C. “Vespucci-Capuana-Pirandello” di Catania, coordinate dalla prof.ssa Fernanda Spataro, referente della scuola per il progetto.

All’iniziativa ha collaborato “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie“, che in questi giorni sta attuando il percorso “100 passi verso il 21 marzo”, in preparazione della XXIII Giornata della memoria e dell’impegno, in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che si svolgerà a Catania, quale piazza regionale per la Sicilia.

Nell’ambito di questo percorso, i quindici alberi sono stati intitolati ad altrettante vittime della mafia, alcune assassinate perché difendevano l’ambiente, altre legate al territorio catanese.

Alla manifestazione erano presenti il sindaco Enzo Bianco, che ha dedicato l’albero ad Angelo Vassallo (il sindaco ambientalista di Pollica, 2010), l’assessore all’Ambiente, Rosario D’Agata, Gigi Montana con la moglie Valeria e la figlia Marta, parenti del commissario di polizia Beppe Montana (dirigente della sez. Catturandi della Squadra Mobile di Palermo, 1985), Giuseppe ed Antonino Agosta, figli del maresciallo dei carabinieri Alfredo Agosta (1982), e Fabrizio Famà, figlio dell’avvocato penalista Serafino Famà (1994).

Gli altri alberi sono stati dedicati a Roberto Mancini (2014) , funzionario di polizia morto di tumore per le indagini nella terra dei fuochi, Natale De Grazia (1995), capitano di lungo corso in Calabria che per aver investigato sul traffico di rifiuti è stato assassinato, Giovanni La Greca, Riccardo Cristaldi, Lorenzo Pace 
e Benedetto Zuccaro (1976), i quattro piccoli spacciatori di San Cristoforo assassinati per aver scippato la borsa alla madre del boss  Nitto Santapaola, il giornalista Pippo Fava (1984), l’ispettore di polizia Giovanni Lizzio (1992) della sezione antiracket della Squadra Mobile di Catania, Antonino, Pietro e Salvatore Spartà (1993), pastori di Randazzo ribellatisi al pizzo, e la guardia penitenziaria Luigi Bodenza (1994).