Studiare con la musica di sottofondo, quando una playlist diventa la propria “comfort zone”

Studiare con la musica di sottofondo, quando una playlist diventa la propria “comfort zone”

Sembrerebbe un paradosso, eppure la musica – che normalmente potrebbe essere considerata una fonte di distrazione – rappresenta un elemento decisamente stimolante per chi intende immergersi in attività che richiedono un alto livello di concentrazione. Studiare è probabilmente la più comune, soprattutto tra i giovani, che spesso e volentieri non riescono a fare a meno di dare una colonna sonora alle proprie giornate.

È forte infatti in molti studenti, la necessità di premereplay” per estraniarsi dalla realtà e dedicarsi alla propria sessione di studio, sulle note delle proprie canzoni preferite.

L’intervista alla dott.ssa Valentina La Rosa

Per capire quali sono le basi scientifiche delle teorie secondo cui la musica influenza le prestazioni nelle attività di concentrazione, è intervenuta ai microfoni di NewSicilia la dott.ssa Valentina La Rosa, psicologa, psicoterapeuta, assegnista di ricerca e docente a contratto di Psicologia dello Sviluppo all’Università di Catania.

  • Quanto è scientificamente fondata l’idea secondo cui la musica di sottofondo aiuta a concentrarsi durante attività che richiedono un alto livello di attenzione, come studiare?

“L’idea che la musica possa migliorare la concentrazione ha una base scientifica ma la sua validità dipende da diversi fattori: il tipo di compito, il genere musicale, le preferenze individuali e anche il contesto in cui ci si trova. Le ricerche in ambito psicologico e neuroscientifico hanno dimostrato che la musica può modulare il livello di attivazione e l’umore, due fattori chiave per mantenere l’attenzione sostenuta, ovvero la capacità di concentrarsi su un compito o un’attività per un periodo prolungato di tempo. Tuttavia, per compiti che richiedono un’elaborazione cognitiva complessa, come leggere, scrivere o risolvere problemi, la musica può talvolta interferire, soprattutto se contiene parole o variazioni ritmiche molto marcate. L’effetto Mozart, un tempo molto citato, è stato in gran parte ridimensionato: non è la musica in sé a potenziare le abilità cognitive, ma piuttosto l’attivazione emotiva e motivazionale che essa può generare“.

  • Quali sono i benefici che la musica offre durante le sessioni di studio?

“I principali benefici dell’uso della musica durante le sessioni di studio sono la regolazione dell’umore e la riduzione dello stress. La musica può contribuire a creare un ambiente favorevole, stimolando sensazioni di calma o motivazione e rendendo lo studio più piacevole e sostenibile nel tempo. Inoltre, per alcuni studenti, specialmente quelli abituati a lavorare in contesti rumorosi o che presentano problemi di attenzione (come nel caso dell’ADHD), la musica può agire da “maschera sonora”, riducendo le distrazioni esterne. In un’epoca caratterizzata da stimoli continui e da una forte pressione al multitasking, la musica può sicuramente offrire un contenitore emotivo utile per focalizzare l’attenzione e le risorse cognitive”.

  • In che modo può invece rappresentare un ostacolo?

“La musica può diventare un ostacolo quando le risorse cognitive necessarie allo svolgimento del compito vengono impiegate per ascoltarla. Ad esempio, ascoltare musica con testi durante la lettura o la scrittura può sovraccaricare il canale verbale della memoria di lavoro, ostacolando la comprensione e la produzione linguistica. Anche melodie molto complesse o con variazioni dinamiche frequenti possono distrarre. Inoltre, per alcune persone, la presenza costante di stimoli uditivi può aumentare il livello di stress o ridurre la capacità di entrare in uno stato di ‘flow’, ovvero di concentrazione profonda”.

  • Ci sono tipologie di musica più adatte di altre nel favorire la concentrazione? I testi possono rappresentare un ostacolo?

“Sì, alcune tipologie di musica sembrano più efficaci nel sostenere la concentrazione. In generale, la musica strumentale, con un ritmo costante, tonalità neutre o piacevoli e senza variazioni eccessive, è considerata la più adatta. Generi come la musica classica, ambient, lo-fi o minimal elettronica sono spesso scelti proprio per queste caratteristiche. I testi, soprattutto se in una lingua conosciuta, possono effettivamente rappresentare un ostacolo perché rischiano di interferire con i processi linguistici legati al compito. Alcuni studi suggeriscono che la musica in una lingua non conosciuta o in una lingua artificiale (come quella dei brani vocali ma non semantici) può avere un impatto meno disturbante”.

  • Quali sono le funzioni cognitive stimolate, o invece penalizzate, dalla presenza di musica di sottofondo durante lo studio?

“Tra le funzioni cognitive potenzialmente stimolate troviamo la vigilanza, la motivazione e la memoria a lungo termine, soprattutto se la musica viene associata positivamente all’esperienza di apprendimento. Tuttavia, le funzioni che risentono maggiormente della presenza di musica sono quelle legate alla memoria di lavoro, all’elaborazione linguistica e all’attenzione selettiva.

Quest’ultima è la capacità di concentrare le proprie risorse cognitive su uno stimolo rilevante (ad esempio, un testo da leggere o un problema da risolvere) ignorando gli stimoli irrilevanti o distraenti. Quando la musica in sottofondo è troppo presente o troppo coinvolgente, per esempio con testi cantati, cambi ritmici frequenti o melodie particolarmente evocative, può interferire proprio con questo processo, rendendo più difficile distinguere gli stimoli importanti da quelli irrilevanti.

La musica può facilitare i compiti automatici o ripetitivi ma ostacolare quelli che richiedono l’integrazione di informazioni complesse, la pianificazione o il ragionamento logico. È quindi importante che ogni persona sperimenti e identifichi le condizioni ottimali per sé: la personalizzazione dell’ambiente di studio, infatti, in linea con le più recenti teorie sul benessere cognitivo, è una delle chiavi per un apprendimento efficace”.