CATANIA – Come vivono gli adolescenti ed i giovani durante la pandemia di Covid-19 in Italia? Quali sono i loro vissuti? Cosa pensano delle misure di contenimento? E soprattutto come si sono adattati alla loro nuova vita, senza la possibilità di andare a scuola o all’università, di vedere gli amici, di praticare attività sportive?
Dal 4 maggio si è conclusa la fase uno del lockdown istituito in Italia per contenere la diffusione dell’epidemia, ma sono ancora tanti i sacrifici che si chiedono ai nostri ragazzi, così come sono numerosi i dibattiti, tra esperti e non,circa l’impatto della quarantena sul loro equilibrio psicologico. A queste domande ha cercato di rispondere una ricerca dell’Università di Catania, realizzata dalla Prof.ssa Elena Commodari, professore associato di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, cui hanno collaborato la dott.ssa Valentina Lucia La Rosa, dottoranda di ricerca, e le dott.sse Giulia Carnemolla e Jessica Parisi, tirocinanti in Psicologia presso l’Università di Catania, nonché United Network Europe, la più grande organizzazione europea che sviluppa percorsi innovativi di alta formazione per i giovani, e alcuni insegnanti e studenti di tutta Italia che hanno coadiuvato la raccolta dei dati.
La ricerca ha coinvolto circa 1.000 studenti di scuola secondaria di secondo grado e più di 650 studenti universitari di tutta Italia che hanno risposto ad un questionario online nelle settimane tra il 22 aprile ed i 1 maggio, cioè in quel periodo della quarantena in cui si iniziava ad immaginare una seppur parziale riduzione delle misure di contenimento, che sono state alleggerite a partire dal 4 maggio. La ricerca si è proposta di indagare i vissuti psicologici e gli stati emotivi che influenzano l’assunzione di adeguati comportamenti di prevenzione ed il benessere psicologico dei nostri giovani, come per esempio la percezione del rischio per la salute e la presenza di condizioni fisiche o affettivo-emozionali che possono essere indicative di uno stato di stress potenzialmente pericoloso per l’equilibrio psichico, quali il sentirsi sotto pressione, o l’avere disturbi del sonno e dell’alimentazione.
La ricerca si è anche rivolta ad analizzare le opinioni di giovani e ragazzi sull’utilità di alcune misure preventive da usare nella fase due, e su alcuni aspetti dell’esperienza della didattica a distanza. La chiusura di scuole ed università ha infatti determinato la necessità da parte delle istituzioni educative, di organizzare in tempi brevissimi nuove metodologie di insegnamento, dando vita a nuova modalità di “essere studenti”, in situazioni in cui le distanze fisiche vengono colmate dalla vicinanza virtuale.
I risultati della ricerca mostrano un quadro psicologicodegli studenti piuttosto positivo nella sua globalità, anche se sono presenti note di disagio che meritano di essere attenzionate, pur non essendo sorprendenti dato il lungo periodo di restrizioni. Risalta in primo luogo una grande consapevolezza e maturità, non solo negli studenti universitari ma anche nei ragazzi di scuola secondaria, persino in quelli che hanno solo 13-14 anni. Un’altissima percentuale degli intervistati, con valori che vanno tra il 90% e quasi il 100% per le varie domande, è convinta della correttezza delle misure di prevenzione, che dichiara di avere seguito con scrupolo, e della necessità che molte di esse vadano proseguite anche nella fase due ed eventualmente nel periodo estivo. L’unico aspetto su cui gli studenti intervistati non hanno una posizione univoca riguarda la possibilità di frequentare persone non conviventi durante la fase due.
Mentre quasi la metà degli intervistati ritiene che sia giusto continuare ad evitare frequentazioni al di fuori della famiglia, i rimanenti non ritengono utile e corretta questa misura, anche per il forte bisogno di socialità che la paura del contagio non sembra avere attenuato. Pur emergendo alcuni elementi di tensione psicologica, che in molti casi appaiono legati all’organizzazione dello studio individuale in casa, a causa della necessità di condividere gli spazi con i familiari per tutta la giornata,e, per gli studenti di scuola secondaria, alla mole di studio,non emergono segnali di disagio psichico evidente. Sicuramente è presente un senso di irrequietezza e di incertezza, ed una minore sicurezza in sé stessi, ma anche grande maturità e resilienza, che si manifesta anche nel riferito positivo adattamento ai nuovi ritmi di vita e nel senso di speranza e serenità che emerge da molte delle risposte fornite. Significativo, e perfettamente coerente con l’età degli intervistati, è il timore che gli studenti di scuola secondaria hanno di vedere rovinata la loro estate, e soprattutto la consapevolezza che con alta probabilità non avranno la possibilità di dare il giusto rilievo e di festeggiare eventi quali il diploma e il compimento dei diciotto anni, che, evidentemente sono ancora vissuti come momenti di passaggio “quasi rituale” verso l’età adulta.
È interessante notare che non vi sono differenze significative tra le risposte dei ragazzi che vivono in regioni con diversa diffusione del virus. I ragazzi della Lombardia o del Piemonte, dove la pandemia ha prodotto esiti ben peggiori che al sud Italia, non hanno una percezione del rischio più alta dei ragazzi delle altre parti di Italia, ad eccezione di quelli che vivono in una zona rossa. Allo stesso modo l’aver avuto il Covid o l’aver familiari che si sono ammalati non influenza i vissuti esperienziali e le idee espresse. L’uniformità di temi e stati emotivi si osserva in generale per la gran parte dei temi indagati nello studio, rilevando che la pandemia per i nostri ragazzi è solo un tassello della loro complessa e ricca esperienza di vita durante quella fase della vita che è l’adolescenza e l’affacciarsi all’età adulta.
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