“Pranzo di Sant’Agata”, l’Arcivescovo Renna: “Condividere con i più poveri è la maniera più cristiana di vivere la festa”

“Pranzo di Sant’Agata”, l’Arcivescovo Renna: “Condividere con i più poveri è la maniera più cristiana di vivere la festa”

CATANIA – Appuntamento lunedì 5 febbraio alla Chiesa di San Nicolò l’Arena per l’evento, destinato alle persone più fragili della città, promosso dall’Arcidiocesi di Catania e organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Caritas Diocesana e dal Comitato per la Festa di Sant’Agata.

Le parole dell’arcivescovo Mons. Luigi Renna

Una Chiesa che diventa spazio di condivisione e comunione con le persone più fragili della città nei giorni speciali dell’incontro della comunità catanese con Sant’Agata.

Da quest’anno – dichiara l’arcivescovo Mons. Luigi Renna – nell’Arcidiocesi di Catania non ci sarà più il pranzo con i Vescovi e con le autorità, ma condivideremo il pasto con i nostri fratelli più poveri. Io penso che non ci sia maniera più cristiana di vivere una festa che condividere con i poveri”.

Si terrà il 5 febbraio, alle 13,30, nella Chiesa di San Nicolò L’Arena, in piazza Dante, il “Pranzo di Sant’Agata” promosso dall’Arcidiocesi di Catania e organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Caritas Diocesana e dal Comitato per la Festa di Sant’Agata. Centinaia i volontari impegnati già da diversi giorni per garantire un pasto caldo e un momento di conforto e di ascolto.

Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio

Un impegno sottolineato da Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio: “Apparecchiare una tavola per famiglie e bambini, anziani, stranieri, gente dei quartieri storici della città è un fatto nuovo per la Festa di Sant’Agata. Con questa iniziativa vogliamo testimoniare lesistenza di una Chiesa siciliana che, attraverso i suoi Vescovi, serve queste persone. Ma non è solo un fatto solidale, è molto di più: è una porta che permette alla gente della periferia di venire verso il centro della città dove si festeggia Sant’Agata e seguire lesempio dei martiri, come la nostra Patrona, ma penso anche a don Pino Puglisi, spesso citato dal nostro Vescovo”.

“Pranzo di Sant’Agata”

Il “Pranzo di Sant’Agata” nasce proprio come segno tangibile per celebrare il messaggio agatino con coloro che vivono una condizione di marginalità e che le associazioni di volontariato diocesane e cittadine accolgono e curano nel corso di tutto l’anno.



Come fare a creare una comunione che duri oltre la Festa? – spiega don Nuccio Puglisi, direttore della Caritas Diocesana -. Una comunione che sia una festa ‘sempre’? La risposta è in quella bontà tutta custodita nel nome della nostra Santa. Chiediamo al Signore, per l’intercessione potente della nostra Patrona, che questo evento non soffochi sotto una coltre di occasionalità e di retorica, ma ci educhi a un atteggiamento e a un desiderio destinati a crescere e durare nel tempo”.

La necessità di operare in una continuità che leghi il momento unico e straordinario del “Pranzo di Sant’Agata” con le esigenze espresse nel corso della quotidianità dai beneficiari del pranzo è un invito già concretizzato da centinaia di volontari, impegnati sul fronte dell’accoglienza, dell’emergenza sbarchi, dei servizi essenziali, dei processi di integrazione.

Agata significa ‘buona’ – conclude il direttore -, e la bontà, quand’è vera, non è mai occasionale. Ciò distingue un’abitudine al volontariato da un habitus, che è appunto la virtù, e la carità è la più importante, è la via migliore. Ringrazio fin da adesso tutti coloro che, nell’organizzazione di questo evento, si sono messi a disposizione di tutti questi nostri Fratelli”.

Sensibilità verso il prossimo

Un momento destinato a unire e a sensibilizzare volontari e beneficiari verso una riflessione più ampia che affronti l’urgenza della pace a livello globale senza dimenticare la sua declinazione anche sul locale.

 “Penso che questo momento di condivisione e di unione costituisca anche una via di pace che manca al mondo – aggiunge Emiliano Abramo -, e mi riferisco al Medio Oriente, a Gaza, alla Terra santa, alla Siria, All’Ucraina, e che dobbiamo costruire anche nella città. Abbiamo motivo di far festa con gli altri, perché siamo insieme con questa profondità spirituale rinnovata”.