Non c’è pace per i medici lombardi: parte dello stipendio va restituito

Non c’è pace per i medici lombardi: parte dello stipendio va restituito

Non bastava la lotta al Coronavirus, e la morte di tanti colleghi impegnati nella lotta contro il Covid. Non bastavano le tante ore spese nelle corsie degli ospedali ad infondere speranza e sorrisi in questi mesi drammatici di pandemia.

Ad impensierire in qualche modo i medici lombardi ci sono adesso anche inattese richieste di denaro, pure di decine di migliaia di euro, da parte dell’Amministrazione sanitaria per la quale prestano servizio.

Nello specifico le guardie mediche (cd. medici di continuità assistenziali) lombarde dovranno restituire all’Azienda sanitaria quanto ricevuto in busta paga col sistema del bonus integrativo.

Va precisato che in Lombardia (ma il sistema è in uso in modo simile anche in altre regioni) le guardie mediche hanno avuto un compenso maggiorato in forza di un contratto di lavoro che prevedeva che in busta paga venisse erogato un euro in più all’ora (al lordo) per le prestazioni cd. fuori ambito ovvero per pazienti non residenti in regione.

Ora l’Ats Lombarda ha deciso di chiedere indietro tutte le somme versate con tale sistema: centinaia e centinaia di raccomandate, con tanto di intimazione e messa in mora, sono così state inviate ai medici di continuità assistenziale che hanno ricevuto il proprio stipendio integrativo dal 2007 al 2019.

Alla base – si legge nelle missive – il fatto che sarebbe stata rilevata la nullità “della maggiorazione del compenso” . Un fulmine a ciel sereno per i medici che hanno ricevuto il proprio stipendio in forza di contratto: il problema che si pone, in generale, è se l’Amministrazione possa chiedere indietro somme già erogate e versate in adempimento di un contratto di lavoro e a distanza di anni, incidendo su accordi già presi.

Per la verità, si tratta di questione non del tutto nuova in ambito sanitario: in Sicilia, ad esempio, i laboratori sanitari d’analisi convenzionati hanno ricevuto missive simili per la restituzione di somme versate anche dell’ordine di centinaia di migliaia di euro, e sulla base di contratti annuali e già conclusi negli anni 2007-2012 con l’Asp della Regione.

Ciò, malgrado in tali contratti non ci fosse alcuna riserva di ripetizione per l’Asp. È evidente che, tanto per i laboratori convenzionati siciliani, quanto per i sanitari della Lombardia, la questione non è di poco conto tenuto conto che non è azzardato affermare che in taluni casi può incidere anche sulla sopravvivenza dei laboratori privati o su quella serenità necessaria ad affrontare la difficile sfida della lotta per la salute dei cittadini.