CATANIA – La denuncia del presidente della commissione regionale antimafia Nello Musumeci – avvenuta sulle colonne del giornale La Sicilia e ribadita in più occasioni – sulle possibili infiltrazioni mafiose nel consiglio comunale etneo aveva scosso tutta la politica locale.
Il presidente Musumeci aveva parlato di alcune segnalazioni arrivate alla commissione su 3 – 4 consiglieri che avrebbero ricevuto – durante le ultime elezioni amministrative – il sostegno di ambienti malavitosi e alcuni sarebbero anche parenti e familiari di pregiudicati condannati per reati di mafia.
Una vera e propria bomba in una città dove il voto clientelare e di scambio appare purtroppo una prassi ad ogni tornata elettorale.
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Così – come rivela il quotidiano cittadino – si attende per agosto la relazione della commissione antimafia sul “caso Catania” e si attende l’analisi di alcuni documenti richiesti dai componenti dell’antimafia regionale.
Una volta stilata la relazione verrà trasmessa sia alla procura etnea sia allla commissione nazionale antimafia e, ovviamente, al presidente dell’Ars Ardizzone. Intanto è sempre vivissimo il dibattito sull’antimafia “di facciata”.
Musumeci – in una lunga intervista rilasciata al collega Antonio Rapisarda – torna sulla vicenda Borsellino: “L’assessore alla Sanità Lucia Borsellino, andandosene via con il suo cognome pesante a causa degli scenari aperti dall’inchiesta sul medico personale di Crocetta, gli ha smontato l’architrave dell’antimafia. La Borsellino, verso il cui cognome abbiamo tutti grande rispetto, è stata non un simbolo ma “il” simbolo del crocettismo. È stata la comoda copertura di operazioni discutibili e non chiare. La sua uscita ha aperto anche un dibattito sul modo di concepire l’antimafia che deve essere sempre più una pratica e sempre meno un’ostentazione. È un monito per tutti”.