Portare la letteratura al carcere minorile: l’iniziativa del Principe Umberto

CATANIA –La bontà allevia il cuore anche se il dolore lo affatica”.

Quella che avete appena letto è una delle frasi che ha colpito di più i ragazzi del Liceo Scientifico Principe Umberto di Catania, trovata nei libri che hanno divorato durante i loro “caffè letterari”.

Si sono riuniti, hanno conosciuto tante opere con i loro autori e hanno soprattutto discusso, in nome di quella letteratura che dovrebbe portarci a riflettere e dialogare.

È stato però deciso di fare un passo in più e proprio per quella bontà che allevia il cuore i ragazzi, accompagnati dalle prof. Valeria MessineoAnna Pometti Valeria Turco sono andati a Bicocca, al carcere minorile.

Il giorno dopo mi sono svegliata turbata, ho provato una strana sensazione di vuoto”. Ha commentato così una delle ragazze che ha vissuto quest’esperienza lunedì 30 maggio, perché confrontarsi con delle realtà apparentemente così lontane non è facile, ma può lasciarti ricordi meravigliosi.

E così è stato.

La giornata è iniziata incontrando Lina Maria Ugolini, autrice di Jamil e La Nuvola (uno dei libri letti dai ragazzi) a cui è seguito il buffet. Qui, tra una fetta di torta e l’altra, si è rotto il ghiaccio con i minori che passano le loro giornate all’interno del carcere, ed alcuni incontri che vogliamo riportare hanno segnato nel profondo tutti.

Gli abbiamo chiesto se loro sognano. Sai cosa hanno risposto? Che se sei dietro le sbarre devi sognare per forza”.

Aggiungere altre parole sarebbe superfluo.

Le forti dichiarazioni oltre che i ragazzi però hanno colpito anche il cuore delle prof: “Certe volte non ci rendiamo conto delle realtà che ci circondano, è stato contemporaneamente bellissimo e terribile, un’esperienza che è risultata formativa anche per noi”.

Quando ce ne siamo andati sui volti dei ragazzi è apparsa un’espressione di assoluta tristezza, prima di salutarci da dietro le sbarre…” continuano i ragazzi del Liceo catanese, che hanno scoperto anche dei potenziali scrittori all’interno del carcere. Uno di loro infatti è stato premiato per una lettera scritta alla neonata figlia: “Mi piace scrivere, ammazzo il tempo” ha spiegato il ragazzo durante il buffet.

Il punto è che al di là delle sensazioni lasciate, al di là dei potenziali scrittori, se tutti vivessimo queste esperienze di diretto contatto con realtà tanto vicine quanto maledettamente lontane a noi forse riusciremmo a essere più comprensivi, in nome di un’unica parola che potrebbe riassumere tutta la giornata: empatia.