Poche tutele, troppi rischi. Barbagallo: “Vigili del fuoco chiamati a compiere miracoli”

Poche tutele, troppi rischi. Barbagallo: “Vigili del fuoco chiamati a compiere miracoli”

CATANIA – Una famiglia chiamata a compiere miracoli senza avere nemmeno le giuste tutele. È questo, in sostanza, il quadro descritto da Carmelo Barbagallo, dell’esecutivo regionale di USB – VVF, sulle condizioni di lavoro nelle quali operano i vigili del fuoco di Catania.

Una famiglia come dimostra l’iniziativa promossa a sostegno dei colleghi coinvolti nell’esplosione di via Garibaldi: per le due famiglie dei vigili deceduti Dario Ambiamonte e Giorgio Grammatico, e per i due pompieri feriti, Marcello Tavormina (dimesso dall’ospedale dopo aver subito un trauma cranico), e Giuseppe Cannavò (ancora ricoverato nel reparto di Pneumatologia toracica del Garibaldi). La sottoscrizione è stata avviata per dimostrare la solidarietà dei colleghi nei confronti di chi ha perso la vita svolgendo il proprio dovere e dei pompieri che, non essendo allo stato attuale operativi, si trovano a dover far fronte ad alcune difficoltà di carattere economico.

 

Non siamo coperti da un’assicurazione che paghi il periodo di convalescenza e gli infortuni causati dal lavoro dei vigili del fuoco – sottolinea Barbagallo –; non abbiamo l’assicurazione Inail, non abbiamo una tutela legale: se capitassero inconvenienti dovremmo prendere i soldi di tasca nostra e pagarci le spese legali (come accadrà a Tavormina ndr)”.

Non sono le uniche criticità che i pompieri devono affrontare. Il sindacalista, infatti, spiega: “Catania, come tutta la Sicilia, soffre di una grave carenza di organico, mezzi e strutture. Quest’ultime non sono idonee per eventuali sismi. Se dovessero accadere qui eventi come quelli del Centro Italia, saremmo in grosse difficoltà. L’ex comando 0, nucleo operativo terremoti, è stato dismesso per grave carenza di organico. Stanno cercando di ripristinarlo, insieme ad altri nuclei, però, il personale è sempre lo stesso, viene estrapolato dalle sezioni operative generiche per andare ad affrontare altre tipologie di interventi. Come accade per il nucleo Usar che si occupa di crolli, terremoti ed esplosioni (come è stato per via Crispi). Ci sono anche i nuclei cinofili, però il personale è sempre quello: dobbiamo sdoppiarci”.

Coloro i quali affrontano il lavoro primario sono, quindi, i vigili del fuoco generici che, per ironia della sorte, sono anche i più discriminati. Come evidenzia Barbagallo, infatti, “con l’ultimo contratto firmato, i colleghi che hanno da 0 a 14 anni di servizio vengono esclusi da un assegno di specificità; quelli da 14, 22, 28 anni di servizio, invece, prenderanno mensilmente una cifra dai 100 euro in su, per riconoscimento dell’anzianità di servizio; i decessi e i maggiori infortuni, però, si verificano proprio tra i colleghi da 0 a 14 anni di servizio”.

 

Un’altra problematica che riguarda il corpo dei vigili del fuoco è la chiusura del servizio mensa: “Ditte appaltatrici ci permettevano di avere un pasto caldo. Non voglio rimarcare la situazione della Sicilia e di Catania – dichiara il sindacalista –, ma qui tra un mese o due non sapremo a che ora usciremo e quando torneremo. Avere un pasto garantito sarebbe importante, anche perché in passato si era parlato di parametri nutrizionali. Dovevamo rispettare le tabelle per l’alimentazione ed essere in forma. Quando hanno chiuso le mense avremmo dovuto ricevere dei buoni pasti ma, a distanza di 5 mesi, non abbiamo né la possibilità di un pasto pronto, né i soldi per comprare da mangiare. Oltretutto non possiamo uscire durante il servizio per comprare del cibo e riscaldarlo in una piastra elettrica o in un fornetto a microonde. Parametri nutrizionali spariti, vigili del fuoco come al solito abbandonati”.

I pompieri, inoltre, vantano diversi arretrati. Barbagallo, infatti, ricorda le diverse emergenze effettuate, “terremoto del Centro Italia, G7 e vari straordinari in Sicilia per gli incendi: soldi che l’amministrazione ha detto chiaramente di non avere”.

A destare preoccupazione anche il contratto rinnovato a febbraio e che scadrà già a dicembre, nel quale non sono menzionate normative fondamentali come l’Inail, il riconoscimento di categoria altamente e particolarmente usurante (per andare in pensione prima) e la crescita professionale all’interno del corpo dei vigili del fuoco. Proprio in merito a quest’ultimo punto il sindacalista si chiede: “Perché chi è laureato e, per esempio, è ingegnere, non può dal ruolo di generico arrivare a ricoprire la carica di dirigente? Perché, invece, si assumono persone dall’esterno? Il nostro lavoro è basato sulla professionalità e l’esperienza, servirebbero figure che facciano una trafila interna”.



Aggiunge Barbagallo: “Perché non abbiamo richiesto i 10 anni di contratto che ci hanno rubato? Era scaduto dal 2009 e hanno rinnovato soltanto il triennio 2016-2018. 8 anni di contratto buttati nella spazzatura. Abbiamo chiesto al Governo di defiscalizzare l’indennità di rischio (una postilla inserita in busta paga pensionabile al 100%) e di pagare di più i turni notturni, festivi e super festivi (per i quali prendiamo circa un euro l’ora). Tutte proposte per fronteggiare la mancanza di fondi, ricevendo quanto meno un’agevolazione, un aiuto”.

Fondamentale sarebbe anche il riconoscimento per i vigili del fuoco delle malattie professionali. Il sindacalista sottolinea: “Siamo esposti a qualsiasi cosa. Se un pompiere muore, il dipartimento dei vigili del fuoco, con una richiesta per le vittime del dovere al Ministero dell’Interno, finanzia una somma per la famiglia del collega deceduto, una sorta di pensione. In questo senso non ti abbandona. Ma c’è un’anomalia: un budget annuale di 10 milioni di euro; se venisse sforato cosa accadrebbe?”.

Barbagallo precisa, inoltre, un “dettaglio” non da poco: “Se dovessimo affrontare due emergenze contemporaneamente, dovremmo decidere chi salvare e chi fare aspettare, sempre rischiando noi in prima fila”. Una situazione causata anche dalla spending review, “una vera mannaia per i vigili del fuoco, un fallimento totale: non si può risparmiare sulla sicurezza, non si possono chiudere le sedi di servizio”. Follie organizzative basate su decisioni che prendono in esame solo la produttività. La media ponderata come metro di giudizio quando di mezzo ci sono vite da salvare.

Non c’è dubbio che il lavoro dei vigili del fuoco sia atipico, come precisa il sindacalista: “Non sappiamo mai cosa accadrà. La tipologia dell’intervento cambia sempre, anche se ci sono specifiche procedure standard. È un lavoro di attesa, che fa male perché sollecita i nervi e le emozioni”.

Situazioni dal rischio variabile da affrontare, però, con mezzi non più idonei. Barbagallo spiega: “A Catania abbiamo necessità di mezzi piccoli, efficienti e per tutte le tipologie di intervento. Affrontiamo incendi boschivi con mezzi non adatti. Non si possono fare i miracoli, ma a noi chiedono di farli”.

Una condizione al limite se si considera che lo scorso anno gli interventi sono stati 2.300 solo a luglio. “Significa che non poggi i piedi per terra”, aggiunge Barbagallo: “Una volta un collega mi disse che mi stavano prendendo a fuoco gli stivali, pensavo scherzasse ma era vero, non me ne ero accorto. Il sovraccarico di lavoro fa aumentare lo stress, specie in estate; di conseguenza rischiamo la vita ancora di più, senza dimenticare che togliamo tempo alle nostre famiglie”.

Per sopperire almeno alla carenza di organico una boccata d’ossigeno dovrebbe arrivare dai concorsi e dall’attuazione della stabilizzazione dei precari: “Aspettiamo il decreto attuativo con il nuovo governo. Eravamo secondi soltanto alla scuola per numero di precari, ora siamo primi in assoluto”.  Le assunzioni, infatti, sono sì state fatte, ma c’è “un vuoto totale. Per gli standard europei – specifica Barbagallo –, dovrebbe esserci un vigile del fuoco ogni 1.000/1.500 abitanti, invece è uno ogni 15mila. L’Italia non rispetta nemmeno un parametro di sicurezza”.