Il presepe vivente di Occhiolà tra storia e tradizione

Il presepe vivente di Occhiolà tra storia e tradizione

Grammichele – Tra le antiche rovine del borgo medievale di Occhiolà, oggi Grammichele, l’associazione culturale turistica 1693 ha inaugurato il presepe vivente aperto al pubblico dal 25 al 28 dicembre e dall’1 al 6 gennaio.

Come ci racconta il presidente dell’Associazione 1693 Pietro PalermoIl presepe di Occhiolà e di Grammichele nasce dalla nostra volontà di far rivivere il parco archeologico di Occhiolà e di conseguenza il borgo medievale che fu totalmente distrutto dal terremoto del 1693. Di conseguenza i personaggi che si incontrano lungo il tragitto rappresentano gli occhiolesi con le loro usanze e tradizioni e collocati storicamente nel dicembre del 1692, cioè 20 giorni prima dell’evento catastrofico”.

Dunque il visitatore, lungo un sentiero sabbioso e argilloso segnato da suggestive luci di contorno e da soavi musiche natalizie, viene rapito dal mondo contemporaneo per essere catapultato nel lontano 1692. Un vero viaggio nel tempo e nella memoria arricchito dalla presenza degli occhiolesi che raccontano e mimano, in un colorito e folcloristico dialetto siculo, scene di vita quotidiana nonchè la storia stessa della piccola cittadina distrutta preparando al contempo piatti tipici locali come “a ricotta caura, i sfinci, i fuazzeddi” e altre gustose pietanze pronte per essere gustate.

Novità di questa seconda edizione del presepe di Occhiolà è l’introduzione del tema dell’uguaglianza. Il direttore artistico Adelina Monello così racconta il loro messaggio di speranza: “L’impostazione del nostro lavoro si basa sui temi sentiti dell’integrazione razziale e della diversa abilità. Infatti la nostra grotta si ispira a un quadro d un pittore venezuelano ancora vivente Julio Padrino intitolato ‘La natività’. La grotta è molto scura proprio per dare il senso dell’oscurità in cui il mondo attuale è immerso. Accanto all’angelo Gabriele stereotipato ne abbiamo posto accanto un altro personificato da un ragazzo di colore nella speranza che possa passare il messaggio dell’uguaglianza tra gli uomini a prescindere dalla razza, dal colore della pelle, dalle diversità fisiche o mentali”.

Durante la salita verso la grotta il nostro cammino è stato inaspettatamente allietato dalla presenza di persone down che nonostante la fatica, sono riusciti a raggiungere l’ambita cima. I loro e i nostri piccoli passi sono stati accompagnati da frasi di Maria Teresa di Calcutta scritte su delle pergamene poggiate sulle macerie silenziose di Occhiolà che circondano il sentiero.

Pietre mute che hanno molto da raccontarci”, come tiene a sottolineare Adelina Monello, e che in questi giorni si arricchiscono, oltre che del loro antico vissuto, anche di messaggi di speranza contro ogni barriera discriminatoria eretta dall’uomo contro l’uomo stesso. Occhiolà rimane un sito archeologico ancora da valorizzare per la sua importanza storica e documentaria. L’antico borgo medievale fu distrutto dal terremoto del Val di Noto che devastò ben 45 città, terre e borgate della Sicilia orientale che ancora ai nostri giorni è considerato l’evento sismico più forte mai registrato nell’intero territorio italiano.

Come raccontano i documenti storici, “nel tempo di un Miserere” la cittadina fu distrutta e insieme ad essa rimasero sepolti tra le macerie la maggior parte dei suoi abitanti. I 1500 profughi sopravvissuti alla tragedia furono aiutati dal principe Carlo Maria Carafa che in soli tre mesi, come narra un uomo all’ingresso del presepe, “diede ai superstiti un feudo più sicuro e poco distante in cui costruì un paese che oggi prende il nome di Grammichele”.